Immagino perciò, che quello che accadde dopo, quello che
vidi, fosse solo la fantasia di un cadavere. Come un cadavere, che è diverso da
morto, possa immaginare qualcosa, non lo so. Non so neppure come possa io
ricordare o raccontare; forse sono gli ultimi scomposti, convulsi, dilatati nel
tempo, contatti fra neuroni, le ultime informazioni vere o falsi ricordi che
passano di corsa verso l’uscita, sapendo che la nave sta affondando.
Fatto sta che la vidi, lei, proprio lei, quella che amandola
ancora avrei voluto di più veder passare come cadavere, camminare in modo innaturale
sul greto del fiume. Vidi che mi vide. Mi aspettavo una mano tesa, un saluto,
un aiuto, un sorriso. Un gesto di pace. Invece la vidi ignorarmi, guardarmi
oltre. Forse meritatamente, forse no.
Chi più è umano lo sia, per favore. Qualcuno faccia il primo
passo, riconciliamoci, pensai o credetti di pensare.
Lei continuò a passeggiare su e giù, si fece vedere per
ignorarmi.
Io la chiamai ma non uscì fiato.
Le feci un gesto per richiamare l’attenzione. Ma non era
vero, lo credetti soltanto.
Si sedette, sempre in una posizione innaturale, che non
riuscii a decifrare.
Si sedette di fronte a me, ma mentre io ero parallelo alla cascata,
lei rimaneva perpendicolare al fiume.
Guardando sempre oltre, dietro di me.
In un momento imprecisato di questa dilatazione temporale una
figura scura comparve alle sue spalle.
Raccolse un sasso dal greto secco del fiume e con violenza la
colpì.
Avrei voluto avvisarla, urlai il suo nome, -Stai attenta! Dissi,
ma non era vero.
Anzi, non ricordavo neanche più il suo nome. L’avevo visto
abbandonare la nave di corsa, anche lui.
Lei come una statuetta su una scrivania scontrata per caso,
si accasciò su un fianco, ancora con le gambe incrociate.
Ora un rigolo di sangue sporca le pietre.
Ora ci guardiamo negli occhi.
Una parvenza di sorriso compare sul suo viso di persona per
bene che crede di essere.
Il rosso sangue aumenta.
Piano piano tutto torna ad avere senso. La cascata non è una
cascata, io sono cadavere spiaggiato, lei pure, non riusciamo a comunicare a
parole e i gesti sono ingessati, eppure ci capiamo lo stesso. Ci sentiamo, ci
aiutiamo nella percezione, condividiamo il punto di vista, riusciamo a dare un significato
alla cosa.
Il rosso avanza.
Si unisce al mio.
Lei si dice dispiaciuta di avermi colpito alle spalle.
Io le rispondo di averlo fatto per vendetta e me ne pento.
Anche il fiume è rosso.
Ora siamo in sintonia, ci capiamo, comprendiamo il nostro
amore.
Ora che è tardi.
Ora che da cadavere comprendo di essere morto.
Allunghiamo le braccia, uno verso l’altro nel vano tentativo
di ricongiungere i nostri corpi.
Ora che tutto sfuma nel rosso.
Fade to red.