In questi racconti viene usato spesso un linguaggio esplicito e volgare per una mia precisa scelta. Mi sembra corretto avvisare i potenziali lettori in modo che possano scegliere se continuare con la lettura o meno.





mercoledì 19 ottobre 2011

Vita da Bar ep 38 Lo Squalo

Il travone nero al banco mi sussurra l'ordinazione che naturalmente non capisco.
Sarà qualche frociata tipo vodka pesca lemon piuttosto che redbull, bevono tutti la stessa cosa sti cazzo di uomini con le tette. E sussurrano tutti. Come a nascondere il vocione, come se me ne fregasse un cazzo del loro vocione e come se potessi capirli con il casino infernale che c'è in questo acquario spaccatimpani.
Mentre gli faccio un cocktail a mia scelta, tanto non si lamenterà, mi ritrovo a misurarlo: è un bestione alto due metri, complici i tacchi su cui si muove come una scimmia con una zampa più corta dell'altra.
Non deve essere facile starci sopra. Al travone, intendo, non sui tacchi.
E chissà com'è starci sotto.
Al banco c'è anche un uomo senza tette che mi infastidisce con la sola presenza. Sento già un feedback negativo, un aura di karmayoga tossica. Guai, insomma.
Flirta con il travone nero credendolo una donna ed è evidentemente un maschio alfa che non c'entra assolutamente nulla con la festa dei tre sessi del sabato sera. Mi chiedo quanto sia ubriaco per non accorgersene, poi opto per l'opzione cecità totale. La terza, sono frocio ma non lo so ancora, l'ho scartata a priori.
Anche il suo approccio al travone è machista e quando si tocca il pacco dicendo fra i denti che gliela romperebbe raggiunge l'apoteosi del nonsense.
Il travone ammicca e si scosta leggermente dal banco.
Il maschio alfa machista feeedback negativo karmayoga tossico mi chiede un vodka e cola.
Ma che cazzo bevi? Solo i poliziotti in borghese mi chiedono vodka e cola. Penso fra me.
Lo scontrino?” Gli chiedo gentile.
Tu fammi il vodka e cola, coglione.”
Sto un attimo in silenzio, livido in volto. Respiro profondo. Sto per dirgli che deve andare a fare lo scontrino quando Peterpenis posa sul banco un vodka e cola.
Gli sorride dicendogli “pronto, Squalo.”
Il maschio alfa non lo ringrazia neanche ma gli chiede se mi scoreggia il cervello.
Io sono allibito.
Li guardo attonito e incazzato più che mai.
Oh coglione, ma lo sai chi sono?” Mi dice.
No, non lo so chi sei. Ma ti faccio buttare fuori dal locale faccia di cazzo. Penso.
Ancora una volta Peterpenis si intromette e gli dice di lasciar perdere, che sono nuovo, blablabla.
Va beh, spiegagli tu chi sono a quel coglione, che io c'ho da fare.” Dice allontanandosi dal banco. Raggiunge il travone nero.
Allora? Chi cazzo è?” Chiedo tremando dalla rabbia.
Lascia stare che t'ho salvato la vita. E' Squalo. Perfino i buttafuori hanno paura di lui. E' un pazzo. Gira col ferro in tasca.”
Peter mi fa notare il rigonfiamento sotto la giacca, all'altezza della vita dei pantaloni.
Non ti sembra strano che giri con la giacca in questo periodo?”
In effetti fuori ci sono ventotto gradi e dentro almeno cinquanta.
Lascia stare, va'” Ribadisce Peter. “E se torna dagli quello che vuole.” Mi consiglia.
Poi mi racconta una leggenda secondo la quale sarebbe la reincarnazione di un delinquente che tramanda il suo karmayoga tossico da oltre trecento anni, quando ancora c'erano le celle a Palazzo Ducale.
Me ne faccio una ragione e spero solo di non averlo più al banco perché sono una testa di cazzo e se una testa di cazzo incontra un'altra testa di cazzo con la pistola la testa di cazzo senza la pistola è una testa di cazzo morta.
Poi lo vedo tirare giù due righe sulla mensola di cristallo e invitare il travone a farsi la prima.
Mi sembra troppo.
Chiamo la sicurezza via radio.
E via radio mi rispondono che Squalo può fare quello che vuole. “Speriamo solo se ne vada via prima di ammazzare qualcuno.” E' la chiosa di Giubeca.
Dopo aver tirato la coca con una squallida cannuccia raccolta da terra Squalo inizia a ballare con il travone.
Il nero gli da qualche centimetro in altezza. Ma Squalo non si formalizza. Anzi lo bacia.
O porca troia, penso, spero che entrambi sappiano che li in mezzo ci sono ben tre pistole se no sono cazzi.
E no. Nessuno dei due si aspettava la pistola in più.
Ma che cazzo...” dice Squalo dopo aver infilato la mano sotto la gonna del trans.
Ma sei un cazzo di uomo!” Esclama pulendosi la bocca. Poi si corregge: “Anzi sei un cazzo di grosso negro col cazzo.” Deduce squisitamente.
Magari col cazzo grosso, deduco squisitamente io.
Poi Squalo tira fuori la pistola da dietro la giacca.
La infila in bocca al povero cristo con le tette e il cazzo rompendogli un dente.
Inizia ad urlare che gli ha pure offerto la coca, che certe cose si dicono e che se gli piace tanto succhiare che inizi dalla canna della sua pistola e che sarà l'ultima cosa che succhierà. “Schifoso grosso negro col cazzo!” Chiude.
Ritira fuori la pistola dalla bocca del trans terrorizzato, facendogli saltare un altro dente. Lo spinge con violenza contro il vetro.
E gli spara in mezzo alle gambe.
Volevi un buco, eccotelo! Così posso chiamarti troia!”
Poi si gira verso il banco: “E tu cosa hai da guardare, coglione? Fammi un altro vodka cola.”
Che cazzo avete da guardare tutti quanti? Io sono Squalo!” Faccio quel che voglio gli rimane strozzato in gola da una sediata che gli arriva fra capo e collo. E' Michelle, la mia collega trans che al sabato è la Guest Star del terzo banco bar.
Squalo stramazza a terra.
Michelle gli prende la pistola.
Alzati, cazzone.” Intima Michelle a Squalo.
Squalo è stordito. “Alzati!” Urla Michelle. “Porca troia, alzati o ti sparo.”
Squalo mormora qualcosa.
Michelle gli spara ad un braccio.
Alzati. Alzatialzatialzati!” Grida e spara. “Alzaaaaaatiiiiiii!”
Finalmente Squalo è in piedi.
Nel frattempo tutta la security è in sala. Nessuno osa intervenire. La situazione è ad un punto critico: se salvano Squalo condannano a morte Michelle. Se Michelle non lo ammazza sono condannati a morte per non essere intervenuti.
Fuori.” Intima Michelle a Squalo facendogli cenno con la testa di precederla.
Squalo è confuso. Spiaggiato, direi.
Esce e Michelle dietro. Salto al di la del banco per vedere cosa succede.
Michelle ha fatto scavalcare la ringhiera a Squalo che è ora sul muretto. Oltre solo il mare aperto.
Hai rotto il cazzo, Squalo.” Gli dice prima di sparargli in faccia.
Squalo finisce in mare.
Un soprannome, una tomba, penso.
Michelle si infila la pistola fra la vita della gonna, dietro la schiena.
Poi viene al mio banco. Io sono fuori, dietro di lei.
Chi mi devo inculare per avere un vodka e cola in 'sto bar?”
Vodka e cola? Michelle ma che cazzo bevi? Penso.
Te lo faccio subito.” Le dico, tornando al mio posto di lavoro.
E sarà meglio, coglione.” Mi apostrofa come mai aveva fatto in passato.
Michelle...” Pronuncio il suo nome con un tono di amichevole comprensione.
Chi cazzo è Michelle? Io sono Squalo. Coglione.”

giovedì 23 giugno 2011

Vita da Bar ep 37 Bad Vibes.

Le vibrazioni che fanno tintinnare i bicchieri non sono quelle dei sub-wufer. A cadenza regolare vedo i bicchieri spostarsi e i liquidi alcolici oscillare.
Ogni nuova vibrazione è più forte della precedente, ma sembra che me ne renda conto solo io.
I miei colleghi hanno già superato il terzo chupito e la terza riga, per loro è solo una strana sensazione dovuta all'alcol e alla droga.
Cerco di capire cosa succede, mi guardo attorno preoccupato quando l'ultima scossa fa cadere i bicchieri. Questa l'hanno sentita in molti.
E le conseguenze le vediamo tutti: lentamente la costruzione galleggiante si sta alzando, l'acqua guadagna la terraferma, entra nella Cella di Magneto come un piccolo, fastidioso rigagnolo.
Un'altra scossa.
Guardo oltre la chiatta e la vedo arrivare. Non ho tempo di pensare a nulla che l'onda è lì: un muro d'acqua porta a fare surfing il cirinquito. I cristalli del bar crepitano ma resistono all'urto, meno il tetto dal quale inizia a grondare acqua marina. Sembra non finire mai, vedo la passerella venire sradicata dai suoi pilastri per poi ricadere maldestramente in mare e affondare poco dignitosamente.
Un altro tonfo e la chiatta con tutto il cirinquito è nel parterre dove l'onda si disperde per metri e metri.
La gente urla e si ripara la testa con le mani.
Qualcuno ha provato ad uscire ed è stato trascinato via insieme a 120 kg di porta di cristallo.
Intorno a me panico e sgomento.
Io sono paralizzato che cerco di comprendere cosa stia succedendo.
Dal buio del mare di notte mi arriva la risposta. Ma è incredibile. Sgrano gli occhi, cerco di capire. Intanto le scosse si susseguono, così come le ondate. I cristalli esplodono rimanendo uniti dalla pellicola antisfondamento, creando così un effetto polarizzato per il quale mi è impossibile vedere all'esterno.
Finalmente finiscono le scosse e le ondate. Cala un silenzio innaturale. Si sentono solo alcuni gemiti. La gente non capisce, nessuno sa cosa fare, qualcuno si azzarda ad uscire.
Poi il soffitto inizia a crepitare, scricchiolare, urlare come fosse vivo.
Cadono pezzi di metallo e componenti elettrici e cavi mentre il tetto viene sradicato da un angolo come fosse il coperchio di una scatola di tonno.
Decido di uscire come tutto il resto della gente che era rimasta all'interno della Cella di Magneto e ora non posso fare a meno di credere ai miei occhi: Godzilla sta aprendo lo Star Wars come una scatola di sardine.
I cristalli cedono di schianto e si afflosciano sulla gente accalcata che cerca di fuggire.
Con un colpo di coda Godzilla frantuma la parte diametralmente opposta all'angolo di tetto che ha sradicato e il locale si si inclina su un lato.
Il tetto ormai non c'è più e il più gigantesco dinosauro mai creato dalla fantasia dell'uomo guarda dentro deluso. Chissà cosa sperava di trovarci.
Sta per attaccare il cirinquito quando viene bloccato dagli enormi tentacoli del polpo gigante che dicono viva nei fondali di questo mare.
Il polpo gigante emette un suono acuto che fa abbaiare Godzilla, il quale cerca di divincolarsi dalla morsa che lo trattiene dalla sua furia distruttiva.
Indietreggiando inciampo su Predator, a terra privo di sensi.
Rialzandomi poso le mani sul suo traduttore galattico.
Lo prendo e lo aziono.
Non so perché, ma lo prendo e lo aziono, puntandolo verso i mostri.
Lasciami stare,” grida Godzilla, “sono mesi che non mi fanno dormire! Tengono la musica ad un volume assurdo per tutta la notte!”
Potevi mandare un esposto al Sindaco." Risponde il polpo gigante. " Guarda che casino hai combinato, danni alla proprietà demaniale, privata e decine di feriti. Ora ti faranno traslocare anche da qua e dovrai trovarti un altro posto dove stare.”
Mi hanno esasperato.” Ribatte Godzilla.
Non va bene! Sai che non puoi mostrarti ai civili! E neppure io... Sei il solito egoista Goddi. Guarda, non ho parole.”
E allora stai zitto.” Con un colpo di coda riesce a liberarsi del polpo gigante. Poi alza minaccioso quella zampa che si ritrova e schiaccia lo Star Wars Bar con rabbia, facendolo sprofondare nelle propria fondamenta.
'Fanculo silenzio fobici del cazzo!” Digrigna il dinosauro prima di farsi inghiottire dal mare nero e tornarsene da dove è venuto.
Aspetta Goddi...” Sento dire dal polpo gigante.
Poi mi ritrovo davanti ad un vero Ground Zero a forma di impronta di tirannosauro svuotato da qualsiasi emozione, incapace di provare qualsiasi cosa.
Cerco di gestire questa mancanza di emozioni.
Cazzo, mi dico, il bar di tante avventure.
Anni di risse, sesso, casini, bottigliate, feste, droga, alcol a fiumi.
Tutto finito sotto la zampa di un dinosauro?
Mi sale un senso di pace.
E' tutto finito.
Una lacrima mi riga la guancia.
E' finito.
E' finita la musica a volumi improbabili.
Sono finiti i giorni in cui si tornava a casa all'alba.
E' finita la gestazione razionale di ubriaconi molesti.
Grazie Goddi. Dico sottovoce.
You are totally fallen!” Urla una conduttrice inglese di emtv.
Si accendono dei fari, compaiono delle telecamere, gente si alza da terra e inizia ad applaudirmi.
You're totally fallen!” Mi ripete la conduttrice inglese.
La guardo allibito. Con un accento anglosassone marcato mi dice: ci sei cascato.
Io non capisco. “Ci sei cascato, era uno scherzo. Sei su Emtv!”
Mi guardo intorno, lo Star Wars Bar è un orma di dinosauro: che cazzo di scherzo è?
Ed erano tutte comparse.” Mi dice la conduttrice. “Anche quelle che stanno portando all'ospedale.”
Ovvero eravate tutti d'accordo?”
Si! Ci sei cascatodel tutto, you're totally fallen!!”
Impazzisco.
Porca troia, urlo, finiscila con sto cazzo di fallen, porca troia, ho capito, porca troia, ho capito, porca troia. Ma che cazzo di scherzo è? Ma come cazzo state? Avete distrutto un locale, mandato della gente all'ospedale. Porcatroiaporca.
Che razza di scherzo è?
Per il locale non ti preoccupare, dice la conduttrice anglosassone, domani arriva via aerea il prefabbricato che verrà situato al posto del vecchio Star Wars Bar. Le comparse che sono finite all'ospedale hanno firmato una liberatoria per partecipare, noi non abbiamo responsabilità.”
Ma non ti interessa sapere come abbiamo fatto per Godzilla e la Piovra Gigante?”
No, porcatroiaporca, no. Non mi interessa.
Mi interessa solo che domani devo venire a lavorare e anche un po' prima, visto che ci saranno tutti i carichi da fare.
Per uno scherzo del cazzo.
Porcatroiaporca!

martedì 7 giugno 2011

Vita da Bar ep 36 FELIX!

Adesso si sballano con FELIX, i miei clienti.
Per loro è come stare in Strange Days, per me è come servire degli zombie in LSD.
FELIX (fantasy element link illimited xxx) è una espansione elettronica della creatività che ti permette di vivere false realtà parallele in cui puoi fare, sostanzialmente, quel che cazzo ti pare.
Lo Star Wars è un luogo più sicuro, così.
Ma anche molto più noioso.
Le risse sono virtuali, gli accoppiamenti pure e gli avventori hanno gli occhi spenti.
Ma FELIX costa e anche parecchio, non è alla portata di tutti.
Allo Star Wars la connessione è wi-fi ma se non hai la tua espansione personale puoi giusto navigare gratis su internet col cellulare. Ne consegue che i ragazzini che vengono dalla periferia e che hanno giusto i soldi per l'ingresso e la prima consumazione rompono i coglioni come prima. Maleducati e arroganti, anche ladri a volte, li ho visti rubare espansioni e consumazioni a poveri erasmus. Ma tutto sommato preferisco loro, veraci e voraci, a quell'ammasso di amebe amorfe che si fanno di FELIX rinunciando al brivido della vita reale.
Il brivido di un approccio, piuttosto che lo scontro verbale con qualche arrogante coglioncello che fa il furbo alla cassa.
Fra un ricco FELIX e un povero di periferia pesto lime come fossi in una fabbrica di succo di limone con la cassa dritta che picchia duro sui miei timpani il re-mix elettronico di una canzone anni '50 piuttosto che l'ultimo brano di qualche sconosciuto musicista che non ha mai visto uno strumento. Nella monotonia assordante della noisehouse mi arriva al banco quello che meno mi piace di tutti i ragazzetti di stasera.
Tatuato e palestrato non è in FELIX, tutt'altro. E' incazzato. E si sfoga con me appellandomi in malo modo per la dose alcolica del Vodka Redbull. Ne vuole di più.
“Cos'è 'sta merda che mi hai dato?”. Continua. Lo guardo torvo e gli dico che è più di quanto si meriti.
Suona il beep gracchiante della risposta sbagliata. Il ragazzetto si incazza ancora di più. Mi porge il bicchiere pretendendo un'aggiunta di vodka. Io ignoro il beep gracchiante della risposta sbagliata e gli inclino il bicchiere, facendo uscire quasi metà del cocktail.
“Questo è quanto puoi bere, adesso. E se mi fai incazzare ancora non bevi più nulla, coglione!”
Ancora beep, risposta sbagliata.
Adesso è veramente fuori di testa. Mi arriva in faccia quel che rimane del colpo, ghiaccio pieno compreso e successivamente un pugno sulla tempia.
Buio.

Nella scena successiva lo sto stringendo per il collo con il mio avambraccio, sono dietro di lui, e gli dico che queste sono le ultime parole che sentirà perché adesso gli stacco le orecchie a morsi, cosa che inizio a fare con sommo piacere. Prima una poi l'altra.
Lui urla disperato, anche se non credo che si possa sentire. Poi prendo la ormai classica bottiglia di vodka dal banco e gli apro la bocca a forza, facendogli ingurgitare 70 cl di alcol in quaranta secondi. Il ragazzo sviene. Me lo carico sulle spalle e lo porto nel parterre, dove teniamo dei grossi fusti pieni di acido. Li utilizziamo per disfarci dei cadaveri. Ce lo butto dentro. Una goccia mi schizza sulla mano. Frigge. Invoco il nome di dio invano e di qualche animale domestico a caso, tenendomi la mano. Ma il dolore è già svanito. Ho solo una piccola bruciatura alla base del mignolo.
Respiro profondo.
Guardo il timer che ho al polso. Tre, due, uno. Disconnessione in corso.
Esco da FELIX.

Nella realtà quelli della sicurezza si stanno portando via il ragazzetto.
L'ho chiamati prima di connettermi.
Ma la soddisfazione di fargli quello che si meritava, anche se in maniera virtuale, è stata notevole.
Direi 50 euro spesi bene.
Direi viva FELIX!