In questi racconti viene usato spesso un linguaggio esplicito e volgare per una mia precisa scelta. Mi sembra corretto avvisare i potenziali lettori in modo che possano scegliere se continuare con la lettura o meno.





domenica 23 maggio 2010

Vita da Bar ep. 29 Fra Sogno e Realtà


Siamo tutti preoccupati per stasera. Non tanto perché c'è l'annuale Emtivi Day, ma perché è il compleanno di Regina Tequila.
Peterpenis gli ha fatto trovare sul banco tanti chupiti quanti sono gli anni che compie, perché Peterpenis è un cazzo senza cuore. Istigazione alla violenza è il reato di cui si sta macchiando.
Fortunatamente la prima decina d'anni va via in brindisi con tutto lo staff e la vita media di una bartender del livello di Regina Tequila è sotto i trenta.
Ne rimangono poco più di una quindicina. Il resto è fantasia: improvvisamente inizia l'Emtivi Day e spero che Regina non abbia tempo di finire i chupiti cominciati se non con un ritmo molto blando.
I Rubia e le Margherita Hack di cui è pieno lo Star Wars stasera arrivano con cinque scontrini alla volta e io vorrei avere una maglietta con scritto The Bartender hates you.
Dal retro ad un certo punto compare Duchessa Clara Campari Barca in Bosco, dell'entourage di Zoiberg, che è venuta a festeggiare il compleanno di Regina Tequila.
Ci saluta tutti con i suoi modi gentili ed educati e mi chiede un Rum Cooler.
“Nell'attesa prenderei un gingerino, di quelli nella bottiglietta, quelli rossi.” Mi dice.
Faccio per versarlo nel bicchiere con del ghiaccio quando mi blocca. “Niente bicchiere, lo bevo così, grazie.”
Ora comprendo perché la chiamano Duchessa Campari.
Si scassa il suo gingerino da dieci gradi a bottiglietta in un sorso, poi si impossessa del Rum Cooler e sparisce verso il cirinquito.
Qualche ora dopo la vedrò correre completamente ubriaca con un paio di collant in testa, inseguita da Regina Tequila, in un gioco erotico che lascerà tutti i maschietti dello Star Wars Bar imbarazzati. Ma questa è un'altra storia.
Al momento ho a che fare con una folla importante moltiplicata per cinque con qualcuno che si agita perché ha aspettato qualche minuto in più.
Il bartender con cui condivido la sventura mi consiglia di non alzare gli occhi per evitare ulteriori pressioni. Non faccio in tempo ad assimilare il consiglio che una voce femminile mi dice:
“Senti, non ho fatto lo scontrino, mi puoi fare da bere lo stesso? Pago a te.”
Alzo appena lo sguardo dai lime che sto pestando per il Mojito pronto a mandare a farsi fottere la ragazza quando lei mi anticipa.
“Libero di mandarmi a quel paese, naturalmente.”
Un leggero accento francese, un modo delicato di porsi, una piccola smorfia con la bocca. Tutte cose che generalmente mi avrebbero fatto incazzare ancora di più, in lei si trasformano in elementi ammalianti e affascinanti, tanto che a stento le dico: “No, mi spiace, devi passare alla cassa.”
“Ok, non importa.” Mi risponde la ragazza.
Quando fa per andare alla cassa dal mio bassoventre arriva l'ordine di fermarla e chiederle cosa vuole.
Ma no, dai, dice ancora lei; ma dai, insisto, dico io; va bene dice lei.
“Allora tre Mojito, una Caipiroska, un Rum Cooler e un Iggy Pop.”
La guardo basito. Cazzo come m'ha fregato, penso. Ma rimane ancora ammaliatrice e affascinante. E anche quando tira fuori la carta di credito per pagare e un vaffanculo mi uscirebbe dal cuore, vengo frenato dal secondo cervello, quello con cui ragioniamo noi maschi. Quello che è posto un po' più in basso.
Passo la carta alla cassiera e le faccio sei con le dita.
Quando mi ripassa la carta con lo scontrino la rendo alla ammaliatrice di barman, che mi saluta con un ammiccamento da flirt. Mi strizza l'occhio e mi fa cenno “a dopo”.
Sorrido ebete e cerco di capire a dopo quando, a dopo cosa. E che cosa ha di tanto speciale da evitarsi ben tre dei miei “fottiti”.
Più mi concentro sulla sua figura più mi rendo conto che il ricordo di lei è già sfocato. In pochi secondi l'ho dimenticata soffocato dagli scienziati ubriaconi.
La serata scivola via a cinque scontrini alla volta fino a che non si accendono le luci e si spegne la musica. I buttafuori iniziano a sgomberare e noi dello staff brindiamo alla sopravvenuta sopravvivenza con il primo alcolico che ci troviamo fra le mani.
Ed è allora che vediamo Regina Tequila e Duchessa Clara Campari Barca in Bosco rincorrersi sotto la pioggia che inizia a tamburellare sui vetri e sul soffitto.
Si rincorrono saffiche e Duchessa con le calze in testa ha un qualcosa di poetico. La poesia si trasforma in malizia quando Regina prende Duchessa da dietro e le tasta il seno. Diventa un filo più imbarazzante quando le inizia a baciare il collo e Duchessa chiude gli occhi estatica.
Ma il tuffo al cuore ce l'ho quando vedo la francese sbucare dal nulla e unirsi alle due in un bacio lungo, appassionato e promiscuo. Sono un groviglio di mani e bocche, il tutto bagnato da una pioggia che rende lo spettacolo ancora più sensuale.
Sono lì, davanti al grande schermo che è la vetrata che da sulla chiatta a guardare un soft-core con un birra in mano in evidente imbarazzo (e quando dico imbarazzo intendo un qualcosa di visibile come la pancia delle donne incinta di lingua spagnola) quando la ammaliatrice, inclinando la testa mi guarda sorridente e ammiccante. Esco in evidente stato confusionale e mi siedo per terra sotto la pioggia aspettando che le tre abbiano finito. La francese mi guarda ancora e mi dice, usando il labiale: “Te lo avevo promesso che ci saremmo visti dopo...”

“Senti non ho fatto lo scontrino, mi puoi fare lo stesso da bere? Pago a te.”
Mi si gela il sangue. Sono dietro il banco che fronteggio uno tsunami di scienziati ubriachi.
“Potresti almeno rispondermi...” Mi dice un po' seccata la ragazza.
Senza alzare lo sguardo chiedo l'ora al mio collega.
“E' l'una meno venti.”
Non so se ho sognato, se è stato solo un deja-vu o se sono tornato indietro di tre ore.
Nel dubbio dico alla ragazza che deve fare lo scontrino alla cassa.
Senza alzare lo sguardo, naturalmente.
“Ok, non importa. Basta saperlo.” Mi risponde lei.
Con un leggero accento ammaliatore...

(continua)

mercoledì 12 maggio 2010

Vita da Bar ep. 28 Claustrofobia (Close to me)

E' buio.
Un buio tremendo.
Nemmeno uno spiraglio di luce, un puntino luminoso perso nell'universo, nulla. Solo un buio tremendo.
Cerco di muovermi a tastoni e mi rendo conto che lo spazio intorno a me è limitato.
In qualsiasi direzione cerchi di muovere le braccia ho solo qualche centimetro a disposizione.
Ho un leggero senso di nausea, come se stessi fluttuando.
Cerco di ricordare dove sono.
Troppa confusione nella mia testa.
Troppo silenzio.
Abituato ai decibel dello Star Wars Bar questo silenzio mi assorda.
E' come se avessi una benda sugli occhi, dei tappi di cera nelle orecchie, gli arti legati e mi avessero sparato nello spazio.
Cerco di ricordare se è questo che è accaduto.
No.
Cerco il ricordo più recente, ma sono solo informazioni di base.
Il mio nome, lo Star Wars, il casino del venerdì sera.
Venerdì sera. E' già qualcosa.
C'è troppo buio, troppo silenzio.
Sobbalzo. Qualcosa di freddo mi toglie il respiro, qualcosa di freddo che dalla spalla scivola lungo il braccio destro.
Spunta un dolore alla nuca.
Mi fa quasi piacere. Mi fa sentire vivo. Allevia la mia ansia.
La musica alta, le luci stroboscopiche. Io fuori dal bar.
Qualche altro frammento in questa bara fluttuante nello spazio.
Dove sono? Sillabo nella mia mente.
Sto riprendendo coscienza. Di nuovo quella sensazione fredda, questa volta giù per la schiena.
Muovo di nuovo le braccia.
Misuro lo spazio.
Sono poggiato con la schiena su qualcosa di duro. Ai lati e davanti a me altri impedimenti.
Sono in un contenitore rettangolare.
Non sono mai stato in una bara, ma questa da tutta la sensazione di esserla.
Credo di essere sepolto vivo.
Vado nel panico. Agito le braccia, scalcio.
Sento che la mia bara sta cambiando direzione. Come se stessi cadendo lentamente da un altezza infinita. Adesso sono poggiato con la faccia sul coperchio. Poi mi ritrovo a testa in giù.
Finalmente, lentamente, si ferma in posizione orizzontale.
Sento delle vibrazioni ovattate.
La nuca mi fa male.
La musica alta, le luci stroboscopiche, io fuori dal bar che parlo con Vinni. Mi lamento di Maga, del suo approccio poco professionale al lavoro.
Le vibrazioni che sento sono familiari ma non riesco a collocarle.
Poi uno scricchiolio mi lacera il timpano destro.
D'istinto cerco di portare la mano all'orecchio ma il braccio sbatte contro la bara.
Ma come ci sono finito in una bara?
La musica alta, le luci stroboscopiche, io fuori dal bar che parlo con Vinni. Mi lamento di Maga, del suo approccio poco professionale al lavoro. Vinni mi chiede se sto facendo rapporto. Io gli domando se siamo militari o baristi. Non sto facendo rapporto, mi lamento con un amico.
Improvvisamente riconosco le vibrazioni che mi sono così familiari: è “Hey Boy, hey girl” dei Chemical Bros. Un brano che il Dott. Zeta mette sempre.
Deduco di essere vicino allo Star Wars.
Di nuovo qualcosa di freddo, questa volta sulla faccia.
Ancora quello scricchiolio.
Gli scricchiolii, tutto ovattato, buio, la musica come vibrazione: come quando stai immerso in una vasca.
Ho capito dove sono.
Non so ancora cosa mi contiene ma ho capito dove sono.
Non so come ci sono finito ma ho capito dove sono.
Cazzo, cazzo, cazzo. Devo uscire da qua. Di nuovo nel panico. Lo scricchiolio alla mia destra, forse posso sfruttare quello.
Inizio a colpire col gomito la parete destra. Colpisco anche con la testa.
La testa. Mi fa male.
La musica alta, le luci stroboscopiche, io fuori dal bar che parlo con Vinni. Mi lamento di Maga, del suo approccio poco professionale al lavoro. Vinni mi chiede se sto facendo rapporto. Io gli domando se siamo militari o baristi. Non sto facendo rapporto, mi lamento con un amico. Poi scendo a ground zero per prendere due bottiglie di vodka in magazzino. Incontro Maga che mi insulta.
“Ti ho sentito, stronzo.”
Sfondo la paratia laterale, finalmente. Vengo investito da un ondata gelida. Il contenitore si apre come una scatola di sardine a causa della pressione marina e io mi spingo verso l'alto non senza dare un occhiata alla mia bara.
Mi sembra di non arrivare mai. Di non raggiungere mai la superficie.
La musica alta, le luci stroboscopiche, io fuori dal bar che parlo con Vinni. Mi lamento di Maga, del suo approccio poco professionale al lavoro. Vinni mi chiede se sto facendo rapporto. Io gli domando se siamo militari o baristi. Non sto facendo rapporto, mi lamento con un amico. Poi scendo a ground zero per prendere due bottiglie di vodka in magazzino. Incontro Maga che mi si para davanti.
“Ti ho sentito parlare con Vinni, stronzo.”
“Se lavori così meriti un rapporto al tenente che non ti ho fatto.” Rispondo, parafrasando le parole di Vinni.
La supero, lasciandola alle mie spalle.
Sento un dolore alla nuca. Poi il buio.
Finalmente riemergo e mi ossigeno.
Mi deve aver colpito alla testa e poi messo dentro un vecchio mobile di legno per le stoviglie che avevamo in magazzino che in qualche modo è riuscita a buttare in mare.
“Out of control”, sempre dei Chemical Bros. sta finendo quando mi aggrappo alla scaletta di salvataggio della chiatta. Risalendo sento Vinni che chiede a qualcuno dove sono finito.
Vorrei rispondere ma sono senza fiato.
E poi non lo sta chiedendo a me.
“In fondo al mare.” Risponde Maga.
“Così mi piaci!” Replica Vinni.
Quando riesco a guadagnare il bordo esterno della chiatta vedo la mano di Vinni che si infila sotto la gonna di Maga.
“Così mi piaci.” Ripete prima di baciarla.
Rimango scolo a guardali, sono proprio dietro di loro.
Poi scavalco la ringhiera di sicurezza e finalmente i due si accorgono di me.
Mi guardano increduli.
“Vado a farti rapporto.” Dico a Maga, pacato.
Poi do un buffetto bagnato sulla guancia di Vinni e aggiungo: “ma lo faccio a sua moglie.”
E mi allontano come il mostro della laguna, tutto bagnato e con qualche alga che mi pende dalle spalle.

mercoledì 5 maggio 2010

Vita da Bar ep. 27 Lumache ipnotiche e altre droghe


Ballano scatenati nel dance floor.
Il Dott. Zeta mette la solita selezione, non può essere merito suo: evidentemente oggi gira droga dinamica.
Ed evidentemente qualcuno ha sbagliato pusher: l'uomo lumaca che ho al banco sembra venire da un mondo differente da quello dei ballerini scalmanati. Ricorda un bradipo che cerca di catturare Neo, l'eroe di Matrix.
- Srait. Dice senza chiudere la mascella, con lo sguardo fisso nel nulla e ipersalivando.
Sintetico il ragazzo, penso.
Non faccio in tempo a prendere la lattina di sprite dal frigo che mi ripete: - Srait!
Sintetico, lento e frettoloso.
Perde la saliva in eccesso, che gli riga il mento e forma una goccia pronta a cadere sull'ardesia.
Bicchiere, cannuccia, lattina. Mi sbrigo a metterglieli a disposizione, facendo a gara con la sua goccia di saliva sempre più piena.
Vinco.
- Iaccio.
La goccia diventa un filo sempre più lungo, adesso pende dal mento, viscida.
Infilo una palettata di ghiaccio nel bicchiere, invischiando anche il filo di bava diventato spesso e biancastro. Sembra di vedere la brutta copia di un disegno di Hans Ruedi Giger.
Rimane lì, come se stesse risucchiando la bibita insieme alla saliva.
Guarda il bicchiere, la lattina e me.
Poi ripete il giro con lo sguardo.
Duca mi chiede che problema ha quando sentiamo delle urla provenire dal dance floor.
Non è la solita rissa: sono due ragazze. Giubeca è interdetto, Ferrotre aspetta ordini. L'unico pronto a intervenire è Predator: in maniera assolutamente democratica tratterebbe le due ragazze come il ballerino di taekwondo e l'ultimo energumeno che ha cercato lo scontro all'ingresso. In questo gli altri fanno la figura dei sessisti.
Deus ex machina arriva il Talebano che le invita a continuare a tirarsi i capelli nella zona parterre, lasciando libera la pista a chi vuole ballare.
- E poi abbiamo anche la piscina col fango, potreste inaugurarla voi. Aggiunge il mio endecamorfo capo.
Dopo l'attimo di staticità che pervade lo Star Wars Bar, come la quiete prima della tempesta, si scatena l'inferno. Il Talebano viene scaraventato al di qua del banco. Le due ragazze iniziano a darsele come due manovali incazzati, senza esclusione di colpi. Finiscono contro la consolle del Dott. Zeta, assolutamente estraneo al tutto, fino a quel momento. La platea si allarga per fare spazio alle due donne.
I buttafuori rimangono a guardare.
Giubeca ferma Predator sempre più simile ad un cane al guinzaglio.
La musica finisce, alzo le luci e salgo in piedi sul banco per godere al meglio dello spettacolo.
Come nei meglio action movie le due si scambiano calci volanti e fanno capriole in cielo: roba da non credere.
Con una doppia giravolta la bruna, l'altra è bionda, è sul banco in piedi accanto a me. La bionda sfrutta un appiglio sul soffitto per arrivare a lei con un doppio calcio volante. La bruna sa il fatto suo e sfrutta la forza dinamica della contendente per scaraventarla nel parterre mandando in frantumi il cristallo.
Il Talebano si rialza intontito ma senza danni.
Le due ragazze sono finalmente nel fango.
Dove lentamente si sta avvicinando l'uomo lumaca.
Quando finalmente le raggiunge, dentro la piscina di fango, poggia loro le mani sulle spalle.
- Noon lihihate her me, vi posso ahhontentare tutte e due sensa hroblemi. Gli dice.
Incredibilmente le due smettono di picchiarsi.
Si allontanano con l'uomo lumaca, con lo stesso passo e lo stesso sguardo.
Scendo dal banco.
Il Talebano mi chiede di abbassare la luce e urla al Dott. Zeta di riprendere con la selezione di file mp3.
Mentre Duca scopa via i cocci di qualche bicchiere rotto dal Talebano nella sua rovinosa caduta dietro il banco un tizio attira la mia attenzione con fare circospetto.
E' il pusher sbagliato: mi mostra delle lumache e mi chiede se ne voglio una.
- Sono ipnotiche. Ti rendono un po' lento ma se tocchi qualcuno ce l'hai in tuo potere per qualche ora.
Uno spacciatore di lumache ipnotiche! Credevo di aver visto tutto ma evidentemente mi sbagliavo.
- Quante ne hai? Gli chiedo.
- Una decina. Mi risponde il pusher pregustando una vendita.
- Allora fai un investimento: mangiatene una e vendi le altre nove a quelli che ti stanno intorno. Suggerisco scherzando.
Venti minuti dopo ho un esercito di zombie che mi chiede srait da bere invece di ballare la progressive del Dott. Zeta.
Fra uno degli zombie riconosco il pusher di prima che mi sorride ebete.
- Ho seghuito il tuo consiglio. Riesce a dirmi.
Poi mi ordina una sprite.
Il frigo è ormai vuoto ma i lumaconi non vogliono sentire ragioni e ad una voce sola richiedono Sra-it! Sra-it! Sra-it!
Quando li vedo scavalcare lentamente il bancone decido di abbandonare il campo e di godermi la visione rivista de la Notte dei Morti Viventi dal parterre, con una birra in mano e a qualche metro di sicurezza dagli estemporanei zombie.
Aspettando che l'effetto delle lumache ipnotiche passi.