In questi racconti viene usato spesso un linguaggio esplicito e volgare per una mia precisa scelta. Mi sembra corretto avvisare i potenziali lettori in modo che possano scegliere se continuare con la lettura o meno.





domenica 28 marzo 2010

Vita da Bar ep. 23 Dalla parte del cliente.

L'autrice di questo episodio è Principessa Leila

Spinta da un’amica giovanilista e ingrata mi ritrovo a visitare passiva le grazie notturne del magico nostro centro historico. Vestita come una foca a un matrimonio non riesco a mascherare il mio forse ingiustificato ma comunque limpidissimo disagio. I tacchi indossati coattivamente per “slanciare la figura” si piantano in ogni buco e la collana creativa per “omaggiare il decolletè” ciondola e sbatte contro le tette e tutto ciò che trova intorno. Ridotta in uno stato quasi ipnotico con un sorriso ebete senza aver beneficiato di alcuna sostanza illecita, ma neanche lecita, mi lascio trascinare dalla corrente e seguo il flusso continuo di parole che come un filo lega la bocca di Amanda al mio orecchio destro; il sinistro è incantato sul comizio del partito comunista dei lavoratori incrociato ore prima. Qualcuno aveva urlato ”tu lavoratore hai un unico modo per cambiare la tua vita: ritornare all’unità della tua classe e fare a pezzi le meschine e malaugurate politiche borghesi”. Nel frattempo all’ennesimo buco incagliato dal mio tacco un topo dal sottosuolo bestemmia.
Eccoci arrivate al famoso locale “in” di cui tanto mi avevano parlato. Me ne accorgo perché siamo ferme e intorno a me ci sono tutti appiccicati maschi tatuati troppo abbronzati e femmine seminude troppo attroiate. È la coda per entrare. Mi chiedo se anche nell’aldilà ci saranno code per varcare soglie decisive per il nostro soggiorno ultraterreno. Penso che in tal caso non mi arrabbierei perché non deve essere facile gestire un tale traffico. Intravedo alla fine della fila un omone iperproteinizzato in evidente crisi ormonale occuparsi del check in. Sarà lui che dovrà giudicarmi per ora, qui in questa vita di stenti e cotillons. Mi chiedo se si accorgerà del mio travestimento da foca e se questo in tal caso potrebbe pregiudicare il mio ingresso. Mi chiedo anche come si vive lui la sua evidente sproporzione, se ha mai pensato a un innesto chirurgico di cuscinetti di silicone nei polpacci e nelle cosce e nei piedi. Mi chiedo quanto silicone implicito mi circondi e poi in un battibaleno in un menchenonsidica sono passata e cammino leggiadra sulla passerella di legno tipo yacht. Guardo indietro per salutare l’uomo di mezza età, per ringraziarlo di aver chiuso un occhio per quella specie di cozza che ho appesa al collo, ma la corrente è forte e decisa, i calciatori e le veline sono eccitati, stiamo per fare il nostro ingresso nella nostra villa sul mare, mica a Certosa, ci sentiamo tutti belli anzi fighi, anzi fichi e chi più ne ha più ne butta.
Finita la passerella finito il momento Naomi Campbell. Percepisco di nuovo la ciccia muoversi in sintonia con il mio corpo. Eccomi. Sono la Lalla. Sono allo star wars bar

Si è vero. È decisamente in. Tutto molto campari. Sesso implicito. Astinenza elevata. Musica trans gender core. Ma nonostante il bello fuori che mi circonda non posso fare a meno di percepire un brutto dentro che dal fondo buio dell’intestino si dirige velocemente verso la prima vertebra cervicale. Ho un mancamento. Devono essere state le politiche borghesi.
Il viaggio dalla posizione eretta alla madre terra è lento e ovattato. Intorno, un frullatore di colori inghiotte tutti i denti sorridenti di giovani sudati e poi travolge anche me. Tump. ...
Mi risveglio con un dolore medio alla spalla destra, quella sinistra dorme ancora. Sono accasciata dietro alla consolle del dj insieme a dei caschi aerografati un grosso cane peloso mi lecca la faccia e qualcuno mi ha rubato la cozza dal collo. Amanda balla scalza tipo janis joplin, la platea la guarda incredula. Provo ad alzarmi ma mi sorprende un conato. Mi rendo conto che un odore fastidioso stà infastidendo il mio stomaco vuoto. Si tratta di puzza. Precisamente puzza di zolfo.
Mi arrendo alla gravità e dal mio punta di vista terreno osservo il dj. Magro smilzo con i cuffioni più grandi di lui muove la testa come quei gattini pelosi che si mettevano sul lunotto posteriore negli anni 70. Con le mani schiaccia pulsanti alza e abbassa levette sembra lavorare alla fusione a freddo. La musica gender core fa spesso questo effetto. Sandali di cuoio, bermuda nepalesi, t shirt nera. Il pubblico sembra non apprezzare il suo universo sonoro. Forse non l’hanno capito forse non si può capire, comunque lui sembra non appartenere alla sala, sembra non appartenere a nessuno. Cane sciolto? (in che senso?) bho. Eppure mi sembra di averlo conosciuto, “forse in un'altra vita” penso. La puzza di zolfo si fa pesante. Faccio per alzarmi e una grande mano con grande anello e unghia lunga si materializza davanti a me. Appartiene a un signore distinto vestito di bianco. Sembra il re definitivo dei papponi. Mentre spendo un altro nanosecondo per decidere se aggrapparmi o meno a lui, sono già in piedi, la nausea è passata e sento uno strano solletichio nelle mutande. Non faccio in tempo a capire chi e cosa, che sto attraversando la sala dietro alla sua grande giacca bianca come una calamita sui pattini e in una decina di nanosecondi mi ritrovo lasciva naso-naso con lui appesa al banco bar.
“Non preoccuparti per le mutande, è un effetto collaterale. Voglio solo bere in compagnia. Adoro il tuo vestito da foca” Sono smarrita. È un po' troppo per una abituata a guardare sos tata. Tutte le mie certezze si sciolgono e si rimescolano con una bandierina di carta in un bicchiere di godfather.

“Una gazzosa per la mia amica”. Il barista mi serve immediatamente. Alzo gli occhi cercando complicità, mi chiedo se anche il barman ha strani poteri diabolici…ma su due piedi non direi, non sembra capire. “Grazie Eroto” mi esce così senza pensare. Vite precedenti? Piacevoli divertenti pericolose vite precedenti. Ormai ho gettato la spugna non cerco di trovare un senso a tutto ciò che mi sta succedendo e mi lascio divorare da un micidiale cerchio alla testa, tutto è annebbiato, realizzo che è proprio il momento di andare a casa e che sono disposta ad andarci anche strisciando e che, anzi, sarebbe un ottima occasione per chiedere scusa ai topi. Lascio il bancone e ciondolante cerco Amanda ma trovo solo le sue scarpe. Eccomi sulla passerella al contrario, ora devo raggiungere la terra ferma che ferma da qui non mi pare proprio. Il mare nero intorno sembra cocacola sgasata. Da una barchetta a pochi metri qualcuno mi chiama , ormai mi aspetto il peggio. È Amanda in un guscio di noce con su scritto “prima o poi torno”, il suo sorriso malizioso lo riconosco anche a distanza, è avvinghiata a un fricchettone, con rispetto parlando, di quelli che non se ne vedono più in giro, con capelli lunghi e simbolo della pace sulla maglietta. Le lancio le scarpe sbagliando completamente traiettoria. Il capellone scende dalla barca, si incammina sull’acqua e le raccoglie una ad una. Amanda mi lancia un occhiata che con la giusta amplificazione avrebbe suonato come “hai capito, il ragazzo?!” . Ok. Dov’è l’astronave? I fasci di luce, i cavalli dell’apocalisse, il risuscito dei morti e il maxi processo? E' forse una cazzo di candid camera interplanetaria? State ridendo piccoli cazzo di omini verdi puzzolenti vomita schiuma? Vi sentite migliori solo perché non andate allo stadio e vi spostate nello spazio dentro a quelle piadine luminescenti ultra designe? Sapete perché nessuno riesce mai a scattarvi una cazzo di foto decente? Perché siete brutti come la f ...
“Signorina non faccia così, guardi; qualcuno ha ritrovato la sua collana mi ricordo di avergliela vista al collo. Lei deve essere una donna molto creativa.” Non avrei mai pensato di provare tanta gioia nel rivedere il signore dopato dell’ingresso, non si finisce mai di ingrassare. Dopo aver chiaccherato amabilmente, mentre io dormivo, con una stretta al braccio che non so se attribuire allo slancio d’affetto o a un eccesso di sclero da stanchezza, il mio nuovo amico mi scaraventa sorridente dentro a un taxi. “è finita” penso senza crederci troppo. ****

domenica 21 marzo 2010

Vita da Bar ep. 22 Angeli e Demoni


Ho visto le peggio cose accadere allo Star Wars Bar, eppure è un bel posto.
Ho visto le peggio cose e anche le più strane, bizzarre.
Ma mai mi era capitato un cliente che puzzasse così tanto di uovo marcio.
Gli preparo un Godfather, come mi ha chiesto.
La peculiarità che ogni buon barista dovrebbe avere è entrare in sintonia con il cliente e anticipare, prevenire i desideri e i bisogni dello stesso.
La mia peculiarità è farmi leggere nel pensiero, come mi è capitato più volte in questi anni, dietro questo banco. D'altronde io la penso old style al contrario dei clienti tipici che sono tutt'altro che old style.
L'uomo vestito di bianco, di età indefinibile, al di la del bancone, quello che mi ha chiesto il Godfather e che puzza di uovo marcio, mi legge nel pensiero.
- Non è uovo marcio. Mi dice.
- E' zolfo.
Lo guardo con espressione interlocutoria.
- Devo usare l'incantesimo dello zolfo...
Scandisce le parole, mi guarda per accertarsi che ogni singola sillaba venga compresa e ha il tono di chi deve spiegare qualcosa di semplice ma nascosto da un'aura arcana.
- ...ogni volta che mi sposto da una dimensione all'altra perché è l'unico che mi permette di farlo.
Lo guardo con espressione interlocutoria.
- Fra qualche minuto questo odore sparirà. Mi rassicura.
Un'altra mia peculiarità è non capire.
Così il bevitore di Godfather mi aiuta: - zolfo, dimensioni diverse, età indefinibile.
Continuo a non capire, ma percepisco meno l'odore di uovo marcio.
- Non è uovo marcio! Senti, proviamo con l'iconografia classica: se mi vedessi con gli occhi e le zampe caprine ti sarebbe d'aiuto?
- Demonio? Chiedo intimorito.
- Se intendi un demonio qualsiasi, no. Se intendi il Demonio, si.
Non ve lo insegnerò certo io che il Diavolo è un maestro di eloquenza, così mi intorta in discorsi che non saprei riproporvi neppure a grandi linee, quando ad un certo punto un frichettone con i sandali, i capelli lunghi e la maglietta con il simbolo della pace mi chiede una bottiglia di vino per fare uno scherzo agli amici.
Per trenta danari perfeziono la transazione e il frichettone raggiunge i suoi amici al tavolo.
- Duemila anni fa quello lì ha combinato un casino con lo stesso scherzo. Mi dice il biancovestito.
- Come? Sarebbe il figlio del capo, quello? Esclamo io, ormai totalmente in balia del mio ospite.
Scopro così che dove c'è uno c'è anche l'altro, sempre. Indipendentemente da chi decida di andare dove.
A questo punto chiedo chi ha deciso di venire qua e perché.
Belzebu rimane vago sul motivo ma afferma con risolutezza di aver scelto lui l'uscita.
Poi mi fa una proposta: mi chiede se voglio fare un giro.
- Un giro dove? Chiedo circospetto.
- A vedere come è giù di sotto.
Prima che possa chiedere ulteriori informazioni mi dice che si, mi riporterà su, che no Dante si è inventato tutto e che è una sorta di gran tour perché gli sono simpatico.
Accetto, anche se un poco restio, e d'un tratto, come risucchiato da un vortice, mi ritrovo all'inferno.
Più o meno è come me lo immagino, all'incirca come lo ha descritto Dante. Fa un caldo boia, gente tatuata e a petto nudo balla al ritmo di una musica pessima ad un volume altissimo, molti usano agenti dopanti senza ritegno e il primo che mi rivolge parola puzza di rum. Per non sbagliare mi chiede una sigaretta.
Belzebu mi fa vedere alcuni inferni particolari, tipo il dj con un fantastico impianto cd e un meravigliosa raccolta di dischi rigorosamente in vinile; il gestore del locale stracolmo di dannati senza un punto cassa dove pagare; accanto al locale un giocatore di golf in un campo stupendo senza pallina.
I baristi con intere piantagioni di menta a disposizione.
Ed è allora che si rivela: mi chiede a bruciapelo se sono interessato a lavorare per lui. Mi sciorina una lista di complimenti che finiscono nel cesso quando confessa che ha perso un barman perché richiesto dal frichettone per il suo bar personale.
Declino con la dovuta cautela ma in maniera decisa.
Lui abbozza, poi mi riporta allo Star Wars, finisce il suo Godfather e mi saluta.
Io rimango solo al banco, nonostante sia una serata topica.
Mi raggiunge il mio nuovo collega che candidamente chiede cos'è questa puzza di uovo marcio.
- Sono io. Dico.
- Ma fra poco passerà.
Poi mi assale un senso di tristezza: credevo che l'inferno fosse in terra e che qualsiasi cosa venisse dopo fosse meglio. Invece realizzo che al peggio non c'è limite.
E per di più puzzo!

lunedì 15 marzo 2010

Vita da Bar ep. 21 That's all love!

Lo Star Wars Bar è un luogo di perdizione. Droga, sesso, musica per sordi e stolti.
Sto cercando di capire cosa vuole da bere Maginbù mentre le Antichrist cantano il loro Organ Core dal palco principale. Maginbù è un tipo alto, grassotello e con le mani piccole e cicciotte. Uguale al Maginbù di Dragon Ball. Mi vien voglia di fargli il ciuffo al centro della testa.
Appena capisco che vuole un semplice Gin Tonic vedo entrare la Polizia Ecclesiastica.
A capo della formazione c'è un graduato armato; dal cinturone gli pendono delle manette a rosario e sopra una comoda divisa porta il colletto bianco e nero dell'abito talare. Lo seguono tre pretiziotti e due chiericheti con gli incensieri. Benedicono tutto e tutti, quasi avessero paura di un contagio.
Il graduato mi chiede del titolare schizzandomi dell'acquasanta sulla faccia.
-Brucio, brucio! mi vien da gridare. Ma non credo che i pretiziotti siano dotati di senso dell'umorismo.
-Il Talebano è la. Indico il parterre dove un undicesimo dei miei titolari sta intortando una ragazzina appena sopra la soglia della legalità.
Sbuffando incenso e spruzzando acquasanta la formazione santa completa il giro dello Star Wars.
Maginbù reclama il suo Gin Tonic. Lo guardo, gli faccio il ciuffo al centro della testa e esco a godermi la disputa fra l'autorità clericale e un undicesimo dei miei titolari.
-Mancano le croci sante benedette in tutte le sale. Nei bagni non ci sono acquasantiere. E ho contato un numero di infedeli superiore alla soglia prevista dalla legge. Inoltre solo quattro dipendenti portano la croce al collo. Snocciola il graduato al Talebano.
Cazzate, penso rientrando dietro il banco.
Cazzate, penso nel momento in cui percepisco come una Unimente Eterna tutto quello che accade intorno: tre ragazzine si baciano e si toccano all'interno della Cella di Magneto, orgogliose di farsi guardare da tutti i maschi alfa che li circondano. Altre due schiacciano il loro seno nudo contro il vetro principale, leccandolo e muovendosi sinuosamente di fronte alla zona cassa. I loro accompagnatori hanno già in mente chissà cosa quando vengono allontanati malamente dalle stesse.
Le ragazze si azzuffano con i loro ora ex accompagnatori e potrebbe accadere il peggio se non fosse che sono molti di piú quelli che vogliono godere dello spettacolo. I due si ritirano.
Sulla piattaforma galleggiante Regina Tequila sta facendo un falò. Non so se per onorare il patrono o per ricordare le sue origini cattoispaniche.
Ed è allora che la percezione si acuisce: non sta onorando nè uno nè l'altro. Ricorda le sue sorelle streghe morte nei secoli bruciate dalla polizia ecclesiastica. La presenza dei pretiziotti deve aver risvegliato qualcosa in lei. Vedo la sua forma terrena in trance davanti al fuoco, vedo il fuoco prendere vita e raggiungere il Talebano.
E' un fuoco che non brucia ma ti trasforma dentro.
E anche fuori.
Gli occhi del Talebano bruciano e in un secondo è sul graduato. Ha aperto delle enormi fauci e lo sta mangiando. I pretiziotti non hanno il tempo di intervenire: degli enormi tentacoli, di cui ora il Talebano è munito, li hanno intrappolati e gli stanno facendo fare la morte del polipo sugli scogli. I due chiericheti sono immobilizzati dal terrore. Ed è Regina Tequila stessa che li prende e li finisce fissandoli con uno sguardo d'odio che li pietrifica come Medusa faceva con i suoi nemici.
Il fondo del porto sarà la loro tomba.
L'ultima cosa che percepisco è una risata.
Poi mi risveglio da una sorta di trance. Nel parterre c'è uno spaesato Talebano. Sul palco macchie di sangue.
Il Talebano entra con uno sguardo vitreo e pulendosi la bocca sillaba di dargli un digestivo.
- Ho mangiato qualcosa di pesante. Qualcosa di indigesto. Dice.
- Anche se non so cosa...

venerdì 12 marzo 2010

Vita da Bar ep. 20 A volte ritornano


L’immagine che mi si imprime nella mente è Fico Barbozo e Mr Panda che si baciano appassionatamente.
Facciamo due passi indietro: è venerdì e mi arriva al banco un travestito nel momento preciso in cui verso il solito Jack & Cola a Mr Panda.
Mr Panda non può fare a meno di notarlo, se lo studia, per vedere se è un calamaro casuale o qualcuno della mafia gay. Come da accordi si sono divisi il mercoledì e il venerdì. Oggi tocca agli albanesi.
Il travestito si gira e gli rivolge un cordiale “cazzo c’hai da guardare?”.
A Mr Panda non interessa più se è un calamaro protetto o disperso, gli si avvicina a muso duro dicendogli di togliersi dai coglioni. In tempo zero i suoi scagnozzi sono già intorno all’area interessata.
Il travestito sorride al Panda, abbassa gli occhi, come in segno di sottomissione, poi lo attacca al muro, muovendosi agile pur con i tacchi a spillo.
Fulmineo gli poggia la faccia sulla guancia, gli sussurra qualcosa nell’orecchio e il Panda con un gesto della mano ferma gli scagnozzi che stavano intervenendo.
Il travestito continua a parlargli nell’orecchio.
Vedo il Panda trasalire di paura e frustrazione, il travestito sorridere e lasciarlo.
A quel punto si gira verso di me e ordina un oriente rosso.
Ed è a quel punto che riconosco Barbozo.
Fico Barbozo viene spesso a trovarmi.
E’ come Lupin o un agente di Mission Impossible o James Bond: non lo riconosco mai prima che mi ordini da bere.
Biondo, moro, di varie carnagioni. Una volta addirittura mi è sembrato più basso.
Questa volta è travestito da uomo che si traveste da donna.
Quando Mr Panda fa per andarsene Fico gli suggerisce di aver dimenticato qualcosa.
-Cosa? Chiede Panda.
Fico si protende verso di lui indicando le proprie labbra con l’indice.
-Non dirai sul serio? Chiede il mafioso sgranando gli occhi.
-Si, si. Dai non fare il timido.
Ed è così che vedo Mr Panda e Fico Barbozo darsi un bacio appassionato sulla bocca.
Soddisfatto di sé Fico ora si gode il suo drink.
Io non riesco a trattenermi e gli chiedo cosa abbia detto al Panda per renderlo così mansueto.
-Ho minacciato di morte sua madre.
Non credo che questo basti, penso fra me.
Fico Barbozo me lo legge in faccia e aggiunge: chiamandola per nome e cognome.
Forse questo può essere già più efficace. Penso.
-Poi gli ho sgranato in ordine: provincia, città e paesino in cui vive. Insomma l’ho convinto che potevo farlo veramente.
E mi viene il sospetto che non fosse una mera dimostrazione di forza.
Ho una sensazione di disagio, ma non per quello che mi ha detto. Mi guardo attorno e vedo il Boss che, da fuori, ci guarda attraverso lo spesso vetro.
Ha uno sguardo cupo.
Sono sicuro che abbia riconosciuto il fratello.
Fico Barbozo alza il bicchiere e lo indirizza al fratello come per un brindisi non contraccambiato.
-Ora devo andare. Mi dice. Si è rabbuiato anche lui.
Una volta che Barbozo è uscito mi giro per vedere se il Boss è ancora fuori a guardarmi.
Non lo vedo più, ma in compenso lo sento alle mie spalle: “Ti posso parlare?”
-Sei tu il Boss, rispondo.
-Vieni fuori, ti faccio sostituire.
“La storia ha una sua cronologia. I personaggi storici sono legati tra loro e non si possono leggere in maniera decontestualizzata.
Non puoi prendere un qualsiasi personaggio del passato, sia esso Cesare o Napoleone, per citarne due a caso, senza averne una fotografia sfocata. Per quanto precisa potrà essere la ricostruzione storica, mancherà sempre l’umore della gente, del popolo, della minoranza e anche della maggioranza, dei sostenitori e degli oppositori, a completarne i contorni, a renderli definiti.
I personaggi contemporanei ci sono troppo vicino affinché si possano vedere nella loro completezza e senza distorsioni partigiane, per quanto sia giusto averle.
Gli unici personaggi a cui possiamo fare riferimento con una certa nitidezza sono quelli che abbiamo vissuto ma che non ci sono già più e non basta: la loro scomparsa deve essere avvenuta da un periodo di tempo necessario ad averli metabolizzati.
E’ troppo presto, ad esempio, per parlare dell’ultimo Papa.
Ed è troppo tardi per parlare del primo Duce.
Poi ci sono alcune persone, alcuni eletti, che riescono a vedere lontano. Sono come degli osservatori.
Loro hanno il privilegio di poter vedere chi farà cosa. Anzi possono decidere chi farà cosa. Sono i Massoni.
Ma questo è un altro discorso.
Ora dimmi: sei sicuro di quello che hai visto, sei sicuro che i fatti siano andati esattamente come te li hanno fatto credere?
Ovvero: sai con certezza che c’era lui su quell’imbarcazione?”
-Adesso cosa vuoi, prenderti il merito oltre i soldi? Rispondo alla filippica del Boss.
-Io so cosa è successo. E non voglio che tu sia ingannato e reclutato a fare il contrario di quello che stai credendo di fare. Mi risponde deciso Big Boss.
-L’esplosione della barca era programmata. Secondo te un’organizzazione interplanetaria si fa bruciare una nave senza intervenire? Ma dai, rifletti! Fico Barbozo arriva, ruba un’imbarcazione, la fa esplodere in mezzo al mare, libera trenta prigionieri politici e nessuno muove un dito. Se c’è un’organizzazione e una contro-organizzazione dovrebbe esserci una guerra in atto, adesso. Il contrario cosa ti suggerisce?
Che c’è solo un’organizzazione. Penso fra me e me.
-Ma tu come fai a sapere quello che mi ha detto Barbozo? Mi illumino di una speranza, la speranza di non essere un sostituibilissimo ingranaggio della macchina degli inganni, ormai logoro e sfruttato da tutte le parti in gioco.
“L’Interstar Pol ci spia. Fico barbozo ci spia. Tu ci spii. Io mi tengo aggiornato.” Questa è la criptica risposta del Boss.
“Ovvero?” Insisto.
“l’Interstar, nella persona di Fico Barbozo, ci guarda attraverso gli occhi elettronici. Lo fai anche tu, ora che hai scoperto come fare. Perché non dovrei farlo anche io?”
“Perchè dovresti?”
“Perché sono io la contro-organizzazzione.”.
Dopo qualche ora in cui mi sono stati tolti vari strati di Velo di Maya o solo cambiati, ricombinati, ristratificati, rimango solo con i miei dubbi.
Quello che mi ha raccontato il Boss è agghiacciante, da qualunque parte si cerchi di vederla.
Quegli uomini sarebbero dovuti morire nell’esplosione del traghetto e il colpevole sarebbe stato Fico Barbozo.
Il Boss è riuscito a far sostituire le persone che dovevano essere catturate con dei pessimi soggetti da far reclutare nel ramo fuori legge dell’Interstar comandata da suo fratello. Dandogli anche la quasi totalità della somma percepita dall’ente dell’unione dei mondi.
Purtroppo non mi è dato sapere che fine hanno fatto i rifugiati politici, né se ora sono al sicuro.
E non ho modo di verificare quel che Big Boss mi ha raccontato.
Non mi rimane che dare la fiducia solo ai miei compagni di sventura e continuare le indagini.
Sapendo di lavorare con un occhio di bue puntato addosso.
Sbuffo un pò deluso: Fico Barbozo era riuscito a rendersi simpatico.
Il Boss, invece, deve lavorare ancora molto, per raggiungere il livello del fratello.

martedì 9 marzo 2010

Vita da Bar ep. 19 Essere ed apparire


Mr Panda e la Mafia Gay sono giunti ad un compromesso, dopo che gli albanesi hanno fatto un raid.
Adesso a metà settimana abbiamo ospiti i calamari protetti, al venerdì la mafia albanese.
Al sabato l'entrata è libera.
Da tutto questo Giubeca, l'eroe della resistenza contro l'impero, guadagna la doppia mazzetta. Non solo, si è anche permesso di lasciare a casa Lex, sostituito dall'ultimo modello di Ferrotre: Ferroquattro.
Perché si sa, dove c'è malavita organizzata raramente si attira l'attenzione degli sbirri.
Stasera ci sono i calamari protetti, sul palco canta Britney, sempre di tre quarti e ho la solita rossa al banco che viene a trovarmi qualunque mafia ci sia.
Ogni volta mi fa il giochetto della vodka lemon, vodka redbull, che consiste nel chiedertene una delle due e dirti che t'aveva chiesto l'altra.
Non solo, flirta una volta sì e una volta no, e io sbaglio sempre il tempo.
Questo, dieci volte in una serata.
Britney ha appena finito il concerto e Moicòl l'accompagna a Ground Zero a posare gli strumenti.
Nel frattempo la rossa mi chiede la solita vodka redbull lemon.
La costante è: flirta con me quando è lemon, mi snobba quando è redbull.
Io sono un pò imbarazzato, le faccio vedere la lattina del succo di palle di toro, lei mi sorride e mi dice no.
-Lemon, non l'hai ancora capito? Aggiunge.
-Veramente no. Rispondo.
-Bisogna spiegarti proprio tutto. Mi guarda languida, mentre me lo dice.
La lemon finisce con uno spruzzo sulla mia camicia.
Cerco Moicòl con lo sguardo, ma non lo vedo.
-Vado a cambiare il fusto. Dico alla rossa.
-Ti aspetto. Risponde.
Scendo le scale di corsa, sto per entrare in magazzino, quando una voce conosciuta mi chiede una sigaretta.
E' la rossa.
Ma non dovevi aspettarmi su è il primo pensiero che mi attraversa la mente.
Bisogna spiegarti proprio tutto è il secondo.
Le sorrido marpione e mi avvicino sicuro e rapido a un millimetro dalla sua bocca.
Mi ritrovo una mano in faccia e un'altra fra le gambe che mi stringe i coglioni.
-Che cazzo fai, che cazzo vuoi? Grida fra i denti minacciosa.
-Allora? Che cazzo vuoi da me? Ripete.
Sarà meglio darle una risposta, una qualsiasi.
-Scusa. Ho capito male. Scusa.
Mi molla le palle, ma tiene sempre l'altra mano sulla faccia.
Mi guarda ancora un pò, poi mi spinge via con disprezzo.
-Vaffanculo, stronzo.
Ho a che fare con una psicopatica.
Rimango qualche minuto davanti alla porta del magazzino a pormi domande sui sistemi di comunicazione non verbali, interrogandomi su quale minchione ho preso per lampione, quando dei rumori sospetti attirano la mia attenzione.
Apro la porta e la scena che mi si para davanti batte tutte quelle che ho visto a ground zero.
Mi fa dimenticare anche quello che mi è appena accaduto.
Ci sono Britney e Moicòl.
I particolari mi dicono che Moicòl se la sia schiacciata.
Infatti, lui ha la camicia fuori dai pantaloni e per terra ci sono le mutandine di Britney, che indossa una gonna tattica.
Ma poi deve essere successo qualcosa.
Moicòl crista colpendo Britney con un oggetto non identificato.
Lei è ammutolita in un angolo con le lacrime agli occhi che para i colpi con un braccio.
E' messa di tre quarti, come quando canta.
Nonostante tutto la situazione non mi sembra critica.
Strana, piuttosto.
Moicòl non sembra farle del male fisicamente, è come se la stesse colpendo con una clava di plastica per bambini.
Anzi no, con un braccio di una bambola.
Cazzo. La sta colpendo con un braccio.
E non il proprio, ma quello di lei.
La sta colpendo con la sua protesi.
-Ma cazzo, sono cose che si dicono, cazzo! Dice Moicòl.
-E cosa ti dico? Non te ne sei accorto, cazzone? Risponde lei fra le lacrime.
Fermo Moicòl strappandogli via il braccio di mano.
-C'è da cambiare il fusto di lemon. Uso un tono asettico. Funziona, quando devi far sentire qualcuno in colpa. Insieme allo sguardo non proprio asettico.
La situazione è imbarazzante.
Raccolgo le mutande di Britney per fare un gesto carino.
Così ora ho in mano la sua protesi e la sua biancheria.
Sono indeciso su cosa passarle prima quando dalla porta del magazzino fa capolino una testa rossa.
Britney fa un passo indietro rimanendo così nascosta alla vista della pazza.
Sto ancora aspettando la mia vodka lemon. Dice sorridendo.
Moicòl esce.
Per la rossa rimango io con in mano un braccio di gomma e delle mutandine.
Quando realizza la situazione rimane con il sorriso stampato sulle labbra e da gran signora mi dice: vorrà dire che me lo farò fare dal tuo collega, visto che ora sei impegnato con una bambola di plastica.
Scrollo le spalle pensando che non è altro che una psicopatica.
Britney mi ringrazia imbarazzata prendendo le sue cose.
Vorrei consolarla in qualche maniera, ma non saprei proprio da dove cominciare.
Perciò lascio perdere e ritorno al lavoro.
Al banco ho la rossa che mi aspetta.
-Vodka redbull. Omaggio, grazie. Dice.
Sto preparando il drink.
-Vodka lemon. Omaggio gradito. Sento dire.
Ecchecazzo, penso.
Alzo lo sguardo per vedere se ha anche cambiato aspetto, come Dottor Jeckyll e Mr. Hide.
E invece si è solo raddoppiata.
Come agli occhi di un ubriaco.
Per la prima volta sono al banco, insieme, le gemelle rosse.
Le guardo stupito, mi accorgo che sono pure vestite in maniera diversa.
L'unica cosa che mi resta da fare, oltre ad offrire i due drink, è colpire ripetutamente il banco con la testa e usare una tipica esclamazione di dissenso per la propria demenza.
D'oh! D'oh! D'oh!

giovedì 4 marzo 2010

Vita da Bar ep. 18 Il ritorno al normale corso delle cose

E' una serata strana, piena di calamari. Anzi calamaretti, data l'età media.
Calamari ispanici, per la precisione.
La soddisfazione al banco, per me, è minima: tanti Sex on the Beach e altre frociate del genere.
Ma grande è il divertimento, quando due calamaretti se ne litigano un terzo: dopo i primi urletti isterici si passa alle minacce. Poi alle tirate di capelli.
Il calamaretto conteso si gode la scena aggiustandosi i capelli e tirando fuori un lucidalabbra che ha tutta l'intenzione di mettersi.
Al banco Mr Panda è perplesso, si aspettava le solite ragazzine di mezza settimana e si ritrova pieno di ragazzini dalla sessualità incerta nella migliore delle ipotesi. Certissima nella peggiore.
Ma non si perde d'animo, confabula con i suoi scagnozzi e organizza uno scippo con la destrezza di un Lupin.
A scapito del suo nome, Mr Panda non ha proprio pelo sullo stomaco, e si struscia con uno dei calamaretti lasciandolo poi coi cocones pieni e senza portafoglio.
Lo vedo qualche secondo dopo prendere una mazzetta di banconote dal portafoglio appena rubato e liberarsene gettandolo nella spazzatura.
Ordina il suo solito Jack con aggiunta di cola, scontato.
Mi avvicino, gli batto due volte il palmo sul viso e gli sussurro: t'ho visto, questo me lo paghi doppio.
Mi molla una banconota da venti e mi fa un gesto di assenso.
Sto per porgergli il drink, quando uno dei suoi scagnozzi scassa a pugni il bel faccino di un ragazzetto che ha avuto l'unica colpa di rivolgergli la parola, scatenando l'omofobia del Panda's friend.
Lo scagnozzo non si ferma neanche all'ordine di Mr Panda e alla fine deve intervenire la sicurezza che porta i tre Panda Boys fuori dal locale.
Il ragazzino è in lago di sangue e viene medicato da Francine, prima dell'arrivo dell'ambulanza.
Qualche ora dopo vedo Mr Panda, da solo, che chiede a Ferrotre di poter rientrare.
In fondo lui non ha fatto niente, gli dice, anzi ha provato a fermare quel testa di cazzo, continua con quel accento albanese che si ritrova.
Ferrotre dice che non è scemo e che stasera è meglio che rimanga fuori.
Poi Mr Panda gli porge una mazzetta di banconote. La stessa che ha fatto al calamaro due ore prima.
Sorrido pensando che sta cercando di corrompere un androide: Ferrotre sembra uscito direttamente dal videogame Tekken, assomiglia a Brian Fury, dentro e fuori.
E non è programmato per essere corrotto.
Almeno così pensavo.
Poi l'ho visto prendere i soldi e far entrare Mr Panda.
Rimango decisamente sorpreso. Che cazzo se ne fa dei soldi un androide?
Li dà al suo capo: ecco cosa ne fa. Il passaggio da Ferrotre a Giubeca avviene quasi immediatamente dopo che il Panda è entrato.
Ma le sorprese non sembrano essere finite.
Appena presi i soldi Giubeca affronta Mr Panda, gli dice qualcosa, poi lo spinge nel parterre.
Dove ci sono due calamaretti ad aspettarlo. Uno è quello che è stato derubato. Ne arriva un terzo, grosso e con i muscoli ben definiti. Giubeca e i due calamaretti si frappongono fra Mr Panda e me, cosicché non posso vedere come il tipo gli spacca la faccia, né quanti calci gli da, quando è a terra.
Lo lasciano sdraiato nel proprio sangue, insultandolo, sputandogli e minacciandolo: questo posto ormai è della mafia gay, stai attento a quello che fai stronzo di merda.
Mafia gay? Mi domando.
'Fanculo, brutti froci di merda, dice lui cercando di rialzarsi. Ve la siete presa con la persona sbagliata.
E la pagherete tutti. Anche te, brutto coglione peloso. Dice a Giubeca.
Poi sviene.
Giubeca se lo carica sulle spalle e sparisce in fondo alla passerella.
Ehi bello. Mi chiamano dal banco.
Cosa mi offri da bere? Mi chiede un cazzo di calamaretto.
Mafia gay mafia gay mafia gay, mi ripeto prima di parlare.
Quello che vuoi, gli dico, basta che non sia vodka...