In questi racconti viene usato spesso un linguaggio esplicito e volgare per una mia precisa scelta. Mi sembra corretto avvisare i potenziali lettori in modo che possano scegliere se continuare con la lettura o meno.





martedì 27 luglio 2010

Vita da Bar ep. 35 Non è un locale per vecchi (ovvero La parte cattiva di Vinni).


Oggi faccio il turno lungo. Devo sostituire il Cinese che si occupa dell'aperitivo perché è andato a farsi tatuare una geisha sulla schiena. Il Cinese è il mio collega del turno di giorno e deve il soprannome, ridotto anche in Cino, perché è cinese. O meglio: lavora quanto un cinese; per il resto è un occidentale in un corpo secco con gli occhi a mandorla e i capelli lisci e neri.
Il Cino si occupa dell'aperitivo e della preparazione dello Star Wars versione notturna.
Oggi tocca a me e fra un Martini Cocktail e un Margarita, taglio lime e arance di scorta nel caldo torrido della Cella di Magneto giornaliera. Un caldo torrido che per un attimo lascia spazio ad un soffio gelido. Non ho mai sentito il soffio della morte ma se lo dovessi descrivere prenderei spunto da quello che ho appena sentito.
Mi giro e vedo Vinni spostarsi come fosse su un tapis roulant. Ha con se un piccolo carrello, di quelli che vengono utilizzati da chi si deve portare dietro l'ossigeno. E' fuori. Gli faccio un cenno di saluto non corrisposto. Poi lo vedo sparire a Ground Zero.
Lentamente finisce l'aperitivo e le preparazioni delle scorte di frutta e ghiaccio. Lentamente si va all'imbrunire e oltre al cambio di bicchieri, sostituiamo il vetro con la plastica, cambia anche il target. Iniziano ad arrivare i primi giovani in cerca di musica alta e del loro primo vodka pesca redbull.
Risento quel brivido gelido e rispunta Vinni dall'ufficio sotterraneo. Questa volta ha una bombola sul carrello che porta con se. Si incontra con Giubeca per il briefing pre-serale. Giubeca ha il pelo ispido sulla schiena come un cane che fa il bullo, mentre parla con Vinni.
Vedo che discutono su qualcosa finché Vinni si impone in maniera perentoria. Giubeca senza rendersene conto gli ha mostrato anche i denti, forse gli ha anche ringhiato ma alla fine entra nella Cella di Magneto con la coda fra le gambe.
“Che succede?” Chiedo incuriosito.
Scopro che Vinni ha dato disposizione di far entrare persone non gradite nel caso si presentassero. Facendo una lista di nomi, ampliata anche a chi non fosse gradito per la prima volta.
“Bene!” Mormoro sarcastico.
Giubeca insulta Vinni minacciandolo di non andare in suo soccorso se succedesse qualcosa.
Naturalmente Vinni non è presente.
Vinni stasera è strano.
Ha una corporatura media, alto appena sotto la media, è solitamente disponibile con i suoi soci e sottoposti, previa una antipatia infastidente, quello che lui chiama odio, verso tutto e tutti. E' litigioso il giusto ma non un attaccabrighe. E solitamente non vuole merda nel suo locale.
Nel giro di una manciata di minuti non ho più tempo per queste elucubrazioni perché lo Star Wars si è riempito. Le luci si sono abbassate ed è ufficialmente iniziata la serata.
Come all'ufficio anagrafe il cliente scienziato deve seguire il giusto protocollo e la giusta procedura per ottenere da bere: prima passa alla cassa dove paga il corrispettivo delle consumazioni che desidera, gli viene vidimata la drink card e gli viene rilasciato lo scontrino che successivamente deve mostrare al barman per ottenere ciò per cui ha pagato. Se non va prima alla cassa non ottiene da bere. Se perde lo scontrino non ottiene da bere. Se lo scontrino è in pessime condizioni potrebbe non ottenere da bere. Se è maleducato con me ottiene da bere dopo che ho servito tutti gli altri, ma questo lo sanno già tutti.
Francine, che stasera lavora con me, mi mostra uno scontrino strappato e mi chiede ironica se è buono, indicandomi il ragazzo dai capelli rossi con la maglietta del Portogallo che glielo ha dato. Gli dico che ha sbagliato qualcosa nella procedura e lo respingiamo. Lui protesta in maniera vibrante sporgendosi dal banco fino a che un amico non lo porta via.
Brivido freddo: Vinni sta osservando da fuori con quella cazzo di bombola che si porta dietro.
La sera prosegue con questo andazzo: vecchie conoscenze respinte all'ingresso per anni affollano il mio banco cercando di molestare la cassiera, Francine e me in tutti i modi. Ed ogni volta un brivido mi corre lungo la schiena. Chi allunga le mani per rubare le bottiglie, chi non ne vuole sapere di fare la coda alla cassa, chi mi chiede spudoratamente di fargli da bere gratis, chi mostra scontrini di H&M, chi ha il canestrello sulla narice.
Tutti mi fanno incazzare e per tutti c'è Vinni che mi fa venire i brividi.
Durante la mia pausa lo intravedo scivolare sul suo tapis roulant immaginario mentre segue uno degli indesiderati. Lo porta nell'angolo più buio dello Star Wars Bar, gli punta l'ugello, che è collegato alla bombola tramite un tubo di gomma, alla fronte, libera l'aria compressa che la bombola contiene e la rondella contenuta nell'ugello fa un buco nella testa del malcapitato.
Che finisce in acqua.
Sono sbigottito.
Non so cosa fare.
Sono anche intimorito.
Una ragazza dietro di me mi toglie dall'imbarazzo: anche lei ha visto la scena e sta chiamando la polizia, in maniera discreta, per non farsi scoprire da Vinni.
Spiega in maniera semplice ed esaustiva ciò che ha visto, poi risponde “si” ad alcune domande del poliziotto in linea. Praticamente rimane in attesa fino a che non arriva la cavalleria in grigio e blu.
Ho già vissuto queste scene: un gruppo in tenuta antisommossa entra rapido dalla passerella.
Fari e torce cercano di individuare l'obbiettivo, che come una volpe braccata scappa a destra e a sinistra.
Urla di donna e ordini perentori dei corpi scelti si mischiano.
Vinni è ormai in trappola.
Almeno così pensiamo tutti.
Felino supera la ringhiera sempre con la bombola che ora stringe fra le braccia.
Un attimo ed è in acqua.
La bombola se lo porta giù, nel torbido del porto.
Poi una scia di bolle che si allontanano verso il largo fa intuire che Vinni abbia aperto la bombola e l'abbia usata come propulsore per scappare.
Non posso credere di aver assistito a tutto questo e le sorprese sembrano non finire: il porto brulica di corpi giustiziati, ne ha fatti fuori una decina.

“Non posso lasciarvi soli due giorni che succede un macello.” E' la voce di Vinni.
E' accanto a me. Asciutto.
Eppure l'ho visto uccidere una persona, fuggire alla polizia e buttarsi in acqua.
Sono sorpreso ma a pelle so che questo non è quel Vinni che qualche minuto fa si è buttato in mare: non mi fa rabbrividire.
La ragazza che ha chiamato la polizia lo riconosce e lo indica ad un graduato.
Il graduato si avvicina e gli pone qualche domanda pro-forma, avendo visto anche lui il colpevole della strage buttarsi in acqua. Esce fuori che Vinni è appena tornato dall'estero, si era recato a trovare i parenti di Agata, e ha un biglietto aereo che lo dimostra.
Qualche ora dopo, appena ho reso la mia deposizione alla polizia, stanco e provato, mentre assisto al recupero dell'ultimo corpo, Vinni mi si avvicina e nell'orecchio mi sussurra: “Avere un gemello cattivo è gratificante. Non sai quante cose puoi progettare.”
Lo guardo spaventato.
“A proposito, per aver detto a mia moglie di Maga hai rischiato la vita. Purtroppo per me a testa o croce è uscito croce...”
Non capisco. Vorrei dirgli che io non ho mai detto nulla a sua moglie. Ma preferisco non sfidare due volte la sorte.
Poi un pensiero si intrufola nella mia mente: il mio endecamorfo datore di lavoro avrà un doppio cattivo per ogni tentacolo?

giovedì 15 luglio 2010

Vita da Bar ep. 34 L'Orlando Sorpreso

E' l'anno dello Star Wars Bar. Va di moda. E il bartender è il primo a faticare, nel bel locale trend.
Per ogni giorno della settimana c'è un tema diverso che si va ad aggiungere al mercoledì della mafia gay, al venerdì della mafia albanese, al sabato della musica nervosa e sincopata del gran DJ House Special Guest.
Al martedì abbiamo le ragazze addizionate e al giovedì la serata dedicata ai balli multietnici venusiani.
Domenica e lunedì me ne fotto e vado al mare.
Mi stanco e mi diverto molto. Questa sera rido con la animatrice omosessuale, perché mi fa sempre ridere, quando intravedo Akane.
Pensavo che avesse finito le sue indagini valutatrici e vederla mi innervosisce. C'è qualcosa di irrisolto e la cosa mi irrita, anche perché non so bene quali siano i mie sentimenti nei suoi confronti, ne i suoi nei miei.
Faccio finta di niente e continuo a ridere con l'animatrice che dal banco mi chiama con il microfono per farsi servire da bere scavalcando tutti i calamaretti che aspettano ligi il loro turno.
Gli servo un bel bicchiere di Jack liscio, e in questo è assimilabile a Mr. Panda, perché “intanto siamo a fine serata” come dice lei.
In effetti la gente ha iniziato a sfollare, tanto da permettermi di vedere Akane al bar galleggiante che parla con Mordicchio e Regina Tequila.
Decido di risolvere la situazione e vado a farle una sorpresa.
Questa volta voglio prenderla io in contropiede.
Ma quando sono sul ponticello che unisce la struttura galleggiante alla terraferma assisto ad una scena già vista.
Akane, liberatasi di Regina Tequila e Mordicchio, flirta con un cazzo di barback che le offre da bere.
Riconosco l'emozione del ragazzo, riconosco quel deglutire imbarazzato e il panico da cervello disfunzionale perché perso negli occhi manga della bella Akane.
Poi vedo un micro movimento del Commissario Esterno, un movimento che io non avevo percepito perché offuscato dall'emozione: Akane si è spinta in maniera quasi impercettibile verso il ragazzo, invadendo il suo spazio intimo, quello spazio chimico in cui le molecole si mischiano fra loro. Il ragazzo allora osa. Ha tutta l'intenzione di baciarla.
In tutto questo io sono fermo a guardare come finirà.
Anche se penso di saperlo già.
Quando i due sono vicinissimi Akane tira fuori dalla borsetta il telefono e risponde secca, senza lasciar parlare l'interlocutore.
Poi chiude il telefono.
Io so che ha detto: “Lo so, arrivo!”
Akane cerca di accomiatarsi dal barback che è incredulo. Non si capacita di come abbia potuto perdere un occasione così.
E io non mi capacito perché abbia questo comportamento.
Finalmente si libera del povero ragazzo, che le bacia la mano prima di lasciarla andare, rimanendo trasognante, e si dirige verso di me.
Dove cazzo vai? Mi chiedo.
Per un attimo ho il terrore che mi abbia visto.
Quando è a mezzo metro da me faccio una giravolta evitando di incrociare il suo sguardo ritrovandomi così dietro di lei.
La seguo con lo sguardo e vedo che si incrocia con il Talebano.
Parlottano poi si allontanano.
Li seguo.
Scendono a Ground Zero.
Entrano in ufficio, la porta è socchiusa.
Li sento parlare. Lei sta facendo un elenco di nomi, tutti dipendenti serali dello Star Wars.
Tutti maschi.
Otto nomi.
“Cinquanta euro a maschietto fanno quattrocento euro.” Dice Akane.
Continua a sorprendermi la capacità di Akane di dire cose perfettamente comprensibili ma senza un senso logico per me.
Cosa cazzo vuol dire cinquanta euro a maschietto?
Poi il Talebano complica l'arcano quando le dice che non si aspettava che io e l'ultimo barback ci cascassimo.
Apro la porta ormai senza vergogna per aver origliato.
“Di che cazzo state parlando?”
Akane, di schiena, sobbalza. Il Talebano mi sorride. Sulla scrivania ci sono una mazzetta di banconote da venti e da cinquanta. Presumo i quattrocento euro di Akane.
“Ho scommesso che non vi avrebbe sedotto tutti e otto. Contavo proprio su di te e Zoro.” Dice il Talebano. Zoro è l'ultima vittima di questo terribile azzardo.
“Bastava che uno di voi non si fosse fatto sedurre e io non avrei pagato Akane per il lavoro svolto.”
“Invece ci sono riuscita e mi ha pagato cinquanta euro in più per ogni maschietto che lavora nel locale.”
Sono decisamente incazzato.
Vorrei urlare insulti a caso alle loro persone e famiglie.
Ma non me ne vengono.
Akane prende i soldi e se ne va.
Io tiro un pugno alla porta.
Il Talebano mi si avvicina e mi dice: “Anche io sono incazzato. Gli accordi della scommessa erano che se non riusciva a sedurvi tutti sarebbe venuta a letto con me.”
Rabbrividisco quando me lo dice.
Ricapitolando: io sono incazzato con Akane perché mi ha preso per il culo e il Talebano è incazzato con me e Zoro perché aveva puntato sulla mia professionalità e sulla sua verginità.
Ridò un pugno alla porta.
Esco incazzato.
Salgo le scale di Ground Zero facendo gli scalini cristando.
Quando arrivo in cima qualcuno mi afferra da dietro il palo portante del cubo di vetro.
Mi bacia.
E' Akane.
E ha un sapore dolcissimo.
Come una vittoria arrivata all'ultimo secondo.
E io che volevo farle una sorpresa.

domenica 4 luglio 2010

Vita da bar ep. 33 L'Orlando Furioso.

Finisce con me che incenerisco tutte le Hack che si presentano al banco in un attacco di misoginia. Quando termina lo stillicidio del contatto pubblico e i buttafuori liberano le sale sbrigo il lavoro di routine in silenzio, creando tensione fra i miei colleghi che non capiscono il mio atteggiamento scostante.
Finito il mio, saluto appena e scendo a Ground Zero per cambiarmi. Rinuncio perfino all'irrinunciabile facile vittoria contro la nazionale albanese di calcio-balilla.
Mi metto una camicia pulita e profumata su un corpo sudato, cambio le scarpe e faccio per uscire quando incontro il Talebano con la Manga Girl.
Ho subito un istinto omicida verso il Talebano: non può schiacciarsi il mio amore della sera. Non nella stessa sera in cui è il mio amore, almeno.
Poi ho un istinto omicida anche verso la Manga Girl. Cazzo! Non con il Talebano. Peter, Duca, Regina Tequila. Va bene tutto ma non il Talebano.
Li apostrofo in malo modo, senza pensare che uno è il mio capo. Uno dei miei capi.
Il Talebano non da peso al mio modo scortese, mentre la Manga Girl mi guarda sgradevolmente sorpresa.
“Devo dedurre che non ho fatto una buona valutazione della tua persona.” Mi dice.
Perché ogni volta che comprendo le parole della ragazza di cui mi sono innamorato stasera mi sembrano senza un significato logico?
“Deduci quel che cazzo ti pare.” Continuo scortese, ferito al cuore.
“Credo che sia giunto il momento delle presentazioni.” Interviene il Talebano, sorpreso anche lui dal mio atteggiamento, questa volta.
“Me la presenterai domani.” Dico andandomene, sopra al suo: “Lei è la nostra nuova capo del personale, Akane Tendo.”
Ormai li ho superati. Mi fermo per due motivi. Uno è che il Talebano non è con la Manga Girl per schiacciarsela. E questo è un buon motivo. Il secondo è che ci ho provato tutta la sera con il nuovo capo del personale. E questo non so se è un buon motivo. Ora devo trovare la soluzione a un problema etico: andarmene e creare un personaggio scostante e antipatico o presentarmi con tanto di scuse spiegando un inspiegabile malinteso?
Mi giro e tendo la mano alla nuova capo del personale.
“In realtà ci siamo già presentati.” Mi dice lei stringendomi comunque la mano.
“Scusa. Ho avuto una serata difficile.” Le dico.
“Non mi sembrava, fino ad un'ora fa.” Mi risponde ambigua.
“Precisamente quale sarebbe il tuo compito?” Chiedo indispettito da questa situazione imbarazzante.
“Fare una valutazione del personale già esistente, verificare che siano professionali e che non offrano da bere alle belle ragazze.” Sorride sottolineando l'ultima parte della concisa ma esaustiva spiegazione.
“In realtà non sono un capo del personale ma una sorta di commissario esterno che vi ha valutato in questa settimana.”
Una spia del cazzo, penso.
“Senza dirci nulla.” Dico piccato.
“Era per svolgere meglio il mio lavoro.”
Ok, una spia del cazzo.
“Bene Akane, l'ho presa la sufficienza?” Chiedo sarcastico.
Akane guarda il Talebano come a chiedere il permesso di svelare il voto.
Il Talebano consente scrollando le spalle.
Akane mi allunga una copia di un rapporto.
“Non è concluso, sono scesa appunto per completare i rapporti.”
Prendo il foglio senza distogliere lo sguardo dalla Manga Girl. Il Talebano si avvia in ufficio, una porta prima degli spogliatoi.
Per un secondo rimaniamo soli, io e Akane.
“Ma allora ho frainteso tutto?” Sibilo.
Akane mi guarda negli occhi: “E' una buona valutazione, Solo.”
Deglutisco a fatica.
“Anche se ti ho offerto da bere due volte?”
“Ti ho osservato tutta la settimana blablabla...” Non la ascolto più.
“Ho davvero frainteso tutto?” Questa volta il sibilo è più alto.
Akane si zittisce. “Devo andare. Ho un lavoro da terminare.” E mi lascia li, sulla soglia di un corridoio che puzza di latrina, solo e sconsolato.
Accartoccio il rapporto senza leggerlo e lo butto nel cesso con un tiro da tre, come nel basket, superando ben due porte ad angolo retto l'una con l'altra.
Akane è ancora sulla porta dell'ufficio.
La chiamo.
Non si gira.
“Anche se ho frainteso ne è valsa la pena.” Non urlo, ma sono sicuro che mi abbia sentito.
Il vero peccato sarebbe averci visto giusto, penso uscendo.
Ma ho l'impressione che questo non lo scoprirò mai.