In questi racconti viene usato spesso un linguaggio esplicito e volgare per una mia precisa scelta. Mi sembra corretto avvisare i potenziali lettori in modo che possano scegliere se continuare con la lettura o meno.





martedì 27 luglio 2010

Vita da Bar ep. 35 Non è un locale per vecchi (ovvero La parte cattiva di Vinni).


Oggi faccio il turno lungo. Devo sostituire il Cinese che si occupa dell'aperitivo perché è andato a farsi tatuare una geisha sulla schiena. Il Cinese è il mio collega del turno di giorno e deve il soprannome, ridotto anche in Cino, perché è cinese. O meglio: lavora quanto un cinese; per il resto è un occidentale in un corpo secco con gli occhi a mandorla e i capelli lisci e neri.
Il Cino si occupa dell'aperitivo e della preparazione dello Star Wars versione notturna.
Oggi tocca a me e fra un Martini Cocktail e un Margarita, taglio lime e arance di scorta nel caldo torrido della Cella di Magneto giornaliera. Un caldo torrido che per un attimo lascia spazio ad un soffio gelido. Non ho mai sentito il soffio della morte ma se lo dovessi descrivere prenderei spunto da quello che ho appena sentito.
Mi giro e vedo Vinni spostarsi come fosse su un tapis roulant. Ha con se un piccolo carrello, di quelli che vengono utilizzati da chi si deve portare dietro l'ossigeno. E' fuori. Gli faccio un cenno di saluto non corrisposto. Poi lo vedo sparire a Ground Zero.
Lentamente finisce l'aperitivo e le preparazioni delle scorte di frutta e ghiaccio. Lentamente si va all'imbrunire e oltre al cambio di bicchieri, sostituiamo il vetro con la plastica, cambia anche il target. Iniziano ad arrivare i primi giovani in cerca di musica alta e del loro primo vodka pesca redbull.
Risento quel brivido gelido e rispunta Vinni dall'ufficio sotterraneo. Questa volta ha una bombola sul carrello che porta con se. Si incontra con Giubeca per il briefing pre-serale. Giubeca ha il pelo ispido sulla schiena come un cane che fa il bullo, mentre parla con Vinni.
Vedo che discutono su qualcosa finché Vinni si impone in maniera perentoria. Giubeca senza rendersene conto gli ha mostrato anche i denti, forse gli ha anche ringhiato ma alla fine entra nella Cella di Magneto con la coda fra le gambe.
“Che succede?” Chiedo incuriosito.
Scopro che Vinni ha dato disposizione di far entrare persone non gradite nel caso si presentassero. Facendo una lista di nomi, ampliata anche a chi non fosse gradito per la prima volta.
“Bene!” Mormoro sarcastico.
Giubeca insulta Vinni minacciandolo di non andare in suo soccorso se succedesse qualcosa.
Naturalmente Vinni non è presente.
Vinni stasera è strano.
Ha una corporatura media, alto appena sotto la media, è solitamente disponibile con i suoi soci e sottoposti, previa una antipatia infastidente, quello che lui chiama odio, verso tutto e tutti. E' litigioso il giusto ma non un attaccabrighe. E solitamente non vuole merda nel suo locale.
Nel giro di una manciata di minuti non ho più tempo per queste elucubrazioni perché lo Star Wars si è riempito. Le luci si sono abbassate ed è ufficialmente iniziata la serata.
Come all'ufficio anagrafe il cliente scienziato deve seguire il giusto protocollo e la giusta procedura per ottenere da bere: prima passa alla cassa dove paga il corrispettivo delle consumazioni che desidera, gli viene vidimata la drink card e gli viene rilasciato lo scontrino che successivamente deve mostrare al barman per ottenere ciò per cui ha pagato. Se non va prima alla cassa non ottiene da bere. Se perde lo scontrino non ottiene da bere. Se lo scontrino è in pessime condizioni potrebbe non ottenere da bere. Se è maleducato con me ottiene da bere dopo che ho servito tutti gli altri, ma questo lo sanno già tutti.
Francine, che stasera lavora con me, mi mostra uno scontrino strappato e mi chiede ironica se è buono, indicandomi il ragazzo dai capelli rossi con la maglietta del Portogallo che glielo ha dato. Gli dico che ha sbagliato qualcosa nella procedura e lo respingiamo. Lui protesta in maniera vibrante sporgendosi dal banco fino a che un amico non lo porta via.
Brivido freddo: Vinni sta osservando da fuori con quella cazzo di bombola che si porta dietro.
La sera prosegue con questo andazzo: vecchie conoscenze respinte all'ingresso per anni affollano il mio banco cercando di molestare la cassiera, Francine e me in tutti i modi. Ed ogni volta un brivido mi corre lungo la schiena. Chi allunga le mani per rubare le bottiglie, chi non ne vuole sapere di fare la coda alla cassa, chi mi chiede spudoratamente di fargli da bere gratis, chi mostra scontrini di H&M, chi ha il canestrello sulla narice.
Tutti mi fanno incazzare e per tutti c'è Vinni che mi fa venire i brividi.
Durante la mia pausa lo intravedo scivolare sul suo tapis roulant immaginario mentre segue uno degli indesiderati. Lo porta nell'angolo più buio dello Star Wars Bar, gli punta l'ugello, che è collegato alla bombola tramite un tubo di gomma, alla fronte, libera l'aria compressa che la bombola contiene e la rondella contenuta nell'ugello fa un buco nella testa del malcapitato.
Che finisce in acqua.
Sono sbigottito.
Non so cosa fare.
Sono anche intimorito.
Una ragazza dietro di me mi toglie dall'imbarazzo: anche lei ha visto la scena e sta chiamando la polizia, in maniera discreta, per non farsi scoprire da Vinni.
Spiega in maniera semplice ed esaustiva ciò che ha visto, poi risponde “si” ad alcune domande del poliziotto in linea. Praticamente rimane in attesa fino a che non arriva la cavalleria in grigio e blu.
Ho già vissuto queste scene: un gruppo in tenuta antisommossa entra rapido dalla passerella.
Fari e torce cercano di individuare l'obbiettivo, che come una volpe braccata scappa a destra e a sinistra.
Urla di donna e ordini perentori dei corpi scelti si mischiano.
Vinni è ormai in trappola.
Almeno così pensiamo tutti.
Felino supera la ringhiera sempre con la bombola che ora stringe fra le braccia.
Un attimo ed è in acqua.
La bombola se lo porta giù, nel torbido del porto.
Poi una scia di bolle che si allontanano verso il largo fa intuire che Vinni abbia aperto la bombola e l'abbia usata come propulsore per scappare.
Non posso credere di aver assistito a tutto questo e le sorprese sembrano non finire: il porto brulica di corpi giustiziati, ne ha fatti fuori una decina.

“Non posso lasciarvi soli due giorni che succede un macello.” E' la voce di Vinni.
E' accanto a me. Asciutto.
Eppure l'ho visto uccidere una persona, fuggire alla polizia e buttarsi in acqua.
Sono sorpreso ma a pelle so che questo non è quel Vinni che qualche minuto fa si è buttato in mare: non mi fa rabbrividire.
La ragazza che ha chiamato la polizia lo riconosce e lo indica ad un graduato.
Il graduato si avvicina e gli pone qualche domanda pro-forma, avendo visto anche lui il colpevole della strage buttarsi in acqua. Esce fuori che Vinni è appena tornato dall'estero, si era recato a trovare i parenti di Agata, e ha un biglietto aereo che lo dimostra.
Qualche ora dopo, appena ho reso la mia deposizione alla polizia, stanco e provato, mentre assisto al recupero dell'ultimo corpo, Vinni mi si avvicina e nell'orecchio mi sussurra: “Avere un gemello cattivo è gratificante. Non sai quante cose puoi progettare.”
Lo guardo spaventato.
“A proposito, per aver detto a mia moglie di Maga hai rischiato la vita. Purtroppo per me a testa o croce è uscito croce...”
Non capisco. Vorrei dirgli che io non ho mai detto nulla a sua moglie. Ma preferisco non sfidare due volte la sorte.
Poi un pensiero si intrufola nella mia mente: il mio endecamorfo datore di lavoro avrà un doppio cattivo per ogni tentacolo?

giovedì 15 luglio 2010

Vita da Bar ep. 34 L'Orlando Sorpreso

E' l'anno dello Star Wars Bar. Va di moda. E il bartender è il primo a faticare, nel bel locale trend.
Per ogni giorno della settimana c'è un tema diverso che si va ad aggiungere al mercoledì della mafia gay, al venerdì della mafia albanese, al sabato della musica nervosa e sincopata del gran DJ House Special Guest.
Al martedì abbiamo le ragazze addizionate e al giovedì la serata dedicata ai balli multietnici venusiani.
Domenica e lunedì me ne fotto e vado al mare.
Mi stanco e mi diverto molto. Questa sera rido con la animatrice omosessuale, perché mi fa sempre ridere, quando intravedo Akane.
Pensavo che avesse finito le sue indagini valutatrici e vederla mi innervosisce. C'è qualcosa di irrisolto e la cosa mi irrita, anche perché non so bene quali siano i mie sentimenti nei suoi confronti, ne i suoi nei miei.
Faccio finta di niente e continuo a ridere con l'animatrice che dal banco mi chiama con il microfono per farsi servire da bere scavalcando tutti i calamaretti che aspettano ligi il loro turno.
Gli servo un bel bicchiere di Jack liscio, e in questo è assimilabile a Mr. Panda, perché “intanto siamo a fine serata” come dice lei.
In effetti la gente ha iniziato a sfollare, tanto da permettermi di vedere Akane al bar galleggiante che parla con Mordicchio e Regina Tequila.
Decido di risolvere la situazione e vado a farle una sorpresa.
Questa volta voglio prenderla io in contropiede.
Ma quando sono sul ponticello che unisce la struttura galleggiante alla terraferma assisto ad una scena già vista.
Akane, liberatasi di Regina Tequila e Mordicchio, flirta con un cazzo di barback che le offre da bere.
Riconosco l'emozione del ragazzo, riconosco quel deglutire imbarazzato e il panico da cervello disfunzionale perché perso negli occhi manga della bella Akane.
Poi vedo un micro movimento del Commissario Esterno, un movimento che io non avevo percepito perché offuscato dall'emozione: Akane si è spinta in maniera quasi impercettibile verso il ragazzo, invadendo il suo spazio intimo, quello spazio chimico in cui le molecole si mischiano fra loro. Il ragazzo allora osa. Ha tutta l'intenzione di baciarla.
In tutto questo io sono fermo a guardare come finirà.
Anche se penso di saperlo già.
Quando i due sono vicinissimi Akane tira fuori dalla borsetta il telefono e risponde secca, senza lasciar parlare l'interlocutore.
Poi chiude il telefono.
Io so che ha detto: “Lo so, arrivo!”
Akane cerca di accomiatarsi dal barback che è incredulo. Non si capacita di come abbia potuto perdere un occasione così.
E io non mi capacito perché abbia questo comportamento.
Finalmente si libera del povero ragazzo, che le bacia la mano prima di lasciarla andare, rimanendo trasognante, e si dirige verso di me.
Dove cazzo vai? Mi chiedo.
Per un attimo ho il terrore che mi abbia visto.
Quando è a mezzo metro da me faccio una giravolta evitando di incrociare il suo sguardo ritrovandomi così dietro di lei.
La seguo con lo sguardo e vedo che si incrocia con il Talebano.
Parlottano poi si allontanano.
Li seguo.
Scendono a Ground Zero.
Entrano in ufficio, la porta è socchiusa.
Li sento parlare. Lei sta facendo un elenco di nomi, tutti dipendenti serali dello Star Wars.
Tutti maschi.
Otto nomi.
“Cinquanta euro a maschietto fanno quattrocento euro.” Dice Akane.
Continua a sorprendermi la capacità di Akane di dire cose perfettamente comprensibili ma senza un senso logico per me.
Cosa cazzo vuol dire cinquanta euro a maschietto?
Poi il Talebano complica l'arcano quando le dice che non si aspettava che io e l'ultimo barback ci cascassimo.
Apro la porta ormai senza vergogna per aver origliato.
“Di che cazzo state parlando?”
Akane, di schiena, sobbalza. Il Talebano mi sorride. Sulla scrivania ci sono una mazzetta di banconote da venti e da cinquanta. Presumo i quattrocento euro di Akane.
“Ho scommesso che non vi avrebbe sedotto tutti e otto. Contavo proprio su di te e Zoro.” Dice il Talebano. Zoro è l'ultima vittima di questo terribile azzardo.
“Bastava che uno di voi non si fosse fatto sedurre e io non avrei pagato Akane per il lavoro svolto.”
“Invece ci sono riuscita e mi ha pagato cinquanta euro in più per ogni maschietto che lavora nel locale.”
Sono decisamente incazzato.
Vorrei urlare insulti a caso alle loro persone e famiglie.
Ma non me ne vengono.
Akane prende i soldi e se ne va.
Io tiro un pugno alla porta.
Il Talebano mi si avvicina e mi dice: “Anche io sono incazzato. Gli accordi della scommessa erano che se non riusciva a sedurvi tutti sarebbe venuta a letto con me.”
Rabbrividisco quando me lo dice.
Ricapitolando: io sono incazzato con Akane perché mi ha preso per il culo e il Talebano è incazzato con me e Zoro perché aveva puntato sulla mia professionalità e sulla sua verginità.
Ridò un pugno alla porta.
Esco incazzato.
Salgo le scale di Ground Zero facendo gli scalini cristando.
Quando arrivo in cima qualcuno mi afferra da dietro il palo portante del cubo di vetro.
Mi bacia.
E' Akane.
E ha un sapore dolcissimo.
Come una vittoria arrivata all'ultimo secondo.
E io che volevo farle una sorpresa.

domenica 4 luglio 2010

Vita da bar ep. 33 L'Orlando Furioso.

Finisce con me che incenerisco tutte le Hack che si presentano al banco in un attacco di misoginia. Quando termina lo stillicidio del contatto pubblico e i buttafuori liberano le sale sbrigo il lavoro di routine in silenzio, creando tensione fra i miei colleghi che non capiscono il mio atteggiamento scostante.
Finito il mio, saluto appena e scendo a Ground Zero per cambiarmi. Rinuncio perfino all'irrinunciabile facile vittoria contro la nazionale albanese di calcio-balilla.
Mi metto una camicia pulita e profumata su un corpo sudato, cambio le scarpe e faccio per uscire quando incontro il Talebano con la Manga Girl.
Ho subito un istinto omicida verso il Talebano: non può schiacciarsi il mio amore della sera. Non nella stessa sera in cui è il mio amore, almeno.
Poi ho un istinto omicida anche verso la Manga Girl. Cazzo! Non con il Talebano. Peter, Duca, Regina Tequila. Va bene tutto ma non il Talebano.
Li apostrofo in malo modo, senza pensare che uno è il mio capo. Uno dei miei capi.
Il Talebano non da peso al mio modo scortese, mentre la Manga Girl mi guarda sgradevolmente sorpresa.
“Devo dedurre che non ho fatto una buona valutazione della tua persona.” Mi dice.
Perché ogni volta che comprendo le parole della ragazza di cui mi sono innamorato stasera mi sembrano senza un significato logico?
“Deduci quel che cazzo ti pare.” Continuo scortese, ferito al cuore.
“Credo che sia giunto il momento delle presentazioni.” Interviene il Talebano, sorpreso anche lui dal mio atteggiamento, questa volta.
“Me la presenterai domani.” Dico andandomene, sopra al suo: “Lei è la nostra nuova capo del personale, Akane Tendo.”
Ormai li ho superati. Mi fermo per due motivi. Uno è che il Talebano non è con la Manga Girl per schiacciarsela. E questo è un buon motivo. Il secondo è che ci ho provato tutta la sera con il nuovo capo del personale. E questo non so se è un buon motivo. Ora devo trovare la soluzione a un problema etico: andarmene e creare un personaggio scostante e antipatico o presentarmi con tanto di scuse spiegando un inspiegabile malinteso?
Mi giro e tendo la mano alla nuova capo del personale.
“In realtà ci siamo già presentati.” Mi dice lei stringendomi comunque la mano.
“Scusa. Ho avuto una serata difficile.” Le dico.
“Non mi sembrava, fino ad un'ora fa.” Mi risponde ambigua.
“Precisamente quale sarebbe il tuo compito?” Chiedo indispettito da questa situazione imbarazzante.
“Fare una valutazione del personale già esistente, verificare che siano professionali e che non offrano da bere alle belle ragazze.” Sorride sottolineando l'ultima parte della concisa ma esaustiva spiegazione.
“In realtà non sono un capo del personale ma una sorta di commissario esterno che vi ha valutato in questa settimana.”
Una spia del cazzo, penso.
“Senza dirci nulla.” Dico piccato.
“Era per svolgere meglio il mio lavoro.”
Ok, una spia del cazzo.
“Bene Akane, l'ho presa la sufficienza?” Chiedo sarcastico.
Akane guarda il Talebano come a chiedere il permesso di svelare il voto.
Il Talebano consente scrollando le spalle.
Akane mi allunga una copia di un rapporto.
“Non è concluso, sono scesa appunto per completare i rapporti.”
Prendo il foglio senza distogliere lo sguardo dalla Manga Girl. Il Talebano si avvia in ufficio, una porta prima degli spogliatoi.
Per un secondo rimaniamo soli, io e Akane.
“Ma allora ho frainteso tutto?” Sibilo.
Akane mi guarda negli occhi: “E' una buona valutazione, Solo.”
Deglutisco a fatica.
“Anche se ti ho offerto da bere due volte?”
“Ti ho osservato tutta la settimana blablabla...” Non la ascolto più.
“Ho davvero frainteso tutto?” Questa volta il sibilo è più alto.
Akane si zittisce. “Devo andare. Ho un lavoro da terminare.” E mi lascia li, sulla soglia di un corridoio che puzza di latrina, solo e sconsolato.
Accartoccio il rapporto senza leggerlo e lo butto nel cesso con un tiro da tre, come nel basket, superando ben due porte ad angolo retto l'una con l'altra.
Akane è ancora sulla porta dell'ufficio.
La chiamo.
Non si gira.
“Anche se ho frainteso ne è valsa la pena.” Non urlo, ma sono sicuro che mi abbia sentito.
Il vero peccato sarebbe averci visto giusto, penso uscendo.
Ma ho l'impressione che questo non lo scoprirò mai.

mercoledì 23 giugno 2010

Vita da Bar ep. 32 L'Orlando Innamorato.


Riprendendo dal concetto che le bionde agiscono e le more ci pensano, lancio inequivocabili segnali alla Manga Girl che beve un Americano al banco.
Il barman ha la capacità di cadere innamorato anche più volte nella stessa sera, a parte Peter che scopa anche più volte nella stessa sera ed è diverso. L'amore del barista è solitamente platonico ed è punteggiato di appuntamenti al prossimo Mojito, occhiate e sorrisi, per Peter bisogna fare un discorso a parte, chiaramente. L'amore di una sera viene sostituito dalla ragazza della sera successiva ed è un gioco sostanzialmente indolore.
Ma questa è tutta la settimana che me la trovo al bar e ne sto facendo una malattia: sarà perché le ho sfiorato la mano, perché l'ho scontrata involontariamente a Ground Zero, perché mi ha sorriso con dolcezza, perché mi ha chiesto come mi chiamo.
O sarà perché ho sognato di schiacciarmela in magazzino.
Comunque sia prima di passare all'azione (non sono Peterpenis con la sua bionda magica aurea) le mando ripetuti segnali fatti di occhiate e sorrisi. Le ho perfino offerto da bere. Io! Ma la Manga Girl è mora e le more ci pensano, prima di farsi schiacciare in magazzino dal primo barman che capita.
Dopo avermi sorriso sensuale tenendo la cannuccia con i denti la mora dagli occhi grandi come quelli di un manga sparisce inghiottita dalla folla.
Ho bisogno di scassarmi una birra per far scendere il tasso di testosterone che offusca le capacità motorie, di giudizio e sensoriali.
Chiedo il cambio al barback che non aspetta altro di mostrare la propria capacità dietro al banco: dopo aver servito Johnny Jack può servire qualsiasi normal scientists che frequenta lo Star Wars.
Nel parterre c'è calma, la gente è tranquilla come fosse un privè con il biliardino. La maggior parte di loro è infatti in attesa del proprio turno.
Dopo la prima golata di birra una mano si posa sulla mia schiena, al centro esatto.
“Ciao, barman.” E' la Manga Girl.
Mi giro e mi ritrovo assolutamente impreparato a questo incontro.
“Ciao.” Timido e imbarazzato non so cosa altro dire.
Meno male che ci pensa lei. Inizia a parlarmi di cose che non sento. Mi fischiano le orecchie e sto cercando di pensare cosa farebbe Peter in questa situazione.
Intanto non starebbe zitto ma sarebbe lui a condurre il gioco, con pochi passaggi sarebbe già nell'area avversaria pronto a infilarsi nella difesa come un coltello caldo nel burro. Nel caso di una difesa solida tenterebbe il tiro da tre. Io invece faccio paragoni assurdi fra tecniche di corteggiamento e sport mischiando calcio e basket. Il tutto in solitario: chissà che espressione devo avere.
La Manga Girl con il suo sorriso dolce e quegli occhioni dove deve essere facile perdersi continua a parlarmi.
Non so assolutamente cosa mi stia dicendo.
Cazzo ho bisogno di un appiglio, un aiuto, una intuizione.
“Scusa non ho capito.” Scusa non ho capito? Scusa non ho capito è l'unica soluzione che il mio cervello ormai in pappa è riuscito a darmi? Scusa non ho capito? Sono ancora imbarazzato per la performance del mio cervello che la mora e minuta ma proporzionata Manga Girl mi ripete l'ultima frase.
“Dicevo che lavori bene. Ti ho osservato durante questa settimana.”
Ora l'ho ascoltata e ho compreso cosa ha detto. Rimango perplesso. Forse lavorare male può essere pregiudizievole sull'avere un rapporto occasionale.
“Grazie.” Rispondo con un sorriso che la dice lunga sul mio stato confusionale.
Mi perdo nuovamente nei miei pensieri che fra l'altro la riguardano molto da vicino e perdo di nuovo il filo dei suoi discorsi.
Annuisco al suono della sua delicata voce mentre penso alla voglia di baciarle le labbra.
E' li.
Mi parla guardandomi negli occhi.
E' vestita da fumetto giapponese.
E' come se mi sbattesse le ciglia ammiccando e mi dicesse: “ehi moro, ti dai una mossa, prima che me ne vada? Il tuo collega biondo sarebbe già alla sigaretta post-prestazione.”
O almeno questo è quello che io sento e il mio corpo, senza che ne abbia controllo alcuno, passa all'azione.
Le sfioro la mano per toglierle il bicchiere vuoto che tiene inutilmente.
“Ti faccio un altro Americano?” La interrompo.
“Grazie, volentieri.” Sorride.
Le poggio una mano sulla mano perché mi giro per ordinare al mio collega di farmi il long drink e ho paura di perderla. Ho paura di girarmi e non trovarla più.
Invece è ancora li, ci guardiamo con occhi magnetici, ci trasmettiamo una energia che non posso sopportare a lungo, rimaniamo in silenzio.
Le opzioni sono due: torno dentro e abbandono questa situazione che sta diventando intollerabile, oppure la bacio e faccio terminare questa situazione che sta diventando intollerabile.
La prendo per il polso, vorrei portarla via con me, da qualche parte a godere di questo effimero momento, perché è un momento che svanirà nell'attimo in cui si compirà qualsiasi atto.
La prendo per il polso e la guardo negli occhi.
Forse ci siamo, forse stiamo per avere quell'orgasmo emotivo alla fine del quale tutto tornerà piatto finché non si presenterà un'altra situazione simile.
Ci avviciniamo come due magneti.
Lenti ma inesorabili.
Penso io.
Non è così.
Il mio collega posa in mezzo a noi, lenti ma non inesorabili, quel cazzo di Americano che gli ho ordinato e la magia svanisce.
Scivolando in un tubo di vetro dove consumo le unghie, provo a ricreare la situazione.
Ma non è destino. Le squilla il telefono.
Risponde “Lo so, arrivo!” senza dar modo al suo interlocutore di dire qualsiasi cosa.
Mi accarezza la mano con cui le tengo ancora il polso.
“E' meglio che vada.”
Il coito emotivo è stato interrotto.
Le bacio la mano prima di liberarla e fra i denti, come fosse una minaccia, le dico che è bellissima.
Frustrato torno a servire gli scienziati.
Oggi sarò io il molesto per loro, finirà così, lo so.

domenica 13 giugno 2010

Vita da Bar ep. 31 Pirati!


La sicurezza stasera fa i cento metri ad ostacoli ogni cinque minuti: non li ho mai visti correre tanto.
Sarà il vento caldo del deserto che scombina quei pochi neuroni ubriachi della clientela scienziata, sarà la musica nervosa e sincopata della Guest Star che sta in consolle, fatto sta che ogni cinque minuti c'è una rissa da sedare.
Anche noi dietro il banco siamo nervosi, a parte Peter che si sta procacciando la sua dose di sesso quotidiano.
Oggi porta un baffetto stupido, Peter, ma a quanto pare il suo fascino biondo non ne risente.
Durante le mie sessioni di logorrea post lavorativa, dopo la terza birra, ho sempre sostenuto che le donne bionde ragionano più lentamente delle more ma agiscono più velocemente. Peterpenis è l'esempio che questo vale anche per gli uomini.
Una giovane ragazza mostra il capezzolo turgido coperto dalla camicetta attillata e Peter le ha già offerto il long drink. Poi con la sua misteriosa tecnica l'ha convinta a seguirlo a Ground Zero.
Duca fa la solita scenata di gelosia, inveendo contro Peter e augurandogli di prendere almeno la gonorrea.
Poi la nebbia.
Una nebbia fitta e improvvisa circonda lo Star Wars. Abbiamo perso di vista il cirinquito, vediamo giusto la gente che è all'interno del locale e questa inquietante massa bianca che cerca di penetrare da qualsiasi fessura, un po' come Peter.
Mi metto in contatto con la sicurezza via radio i quali mi confermano che anche loro non vedono un cazzo a un metro da loro. Giubeca, ridendo, dice che se allunga il braccio non vede la mano.
Poi lo sento urlare: “La mia mano! La mia mano!”
Ferrotre urla qualcosa di incomprensibile così come Predator.
Mi spavento e cerco di rimettermi in contatto con loro.
Silenzio.
Raggruppo intorno a me la squadra mista che comando e gli dico di armarsi con bottiglie e cavatappi. Ho come l'impressione che stia per accadere qualcosa di insolito quando vedo un antico veliero squarciare la nebbia.
Ci sfila davanti mostrandoci tutte le bocche da fuoco degli antichi cannoni.
Poi antichi pirati armati di sciabole e moschetti arrembano lo Star Wars Bar.
Il dance floor si è svuotato, nel mentre.
Nel panico ordino alla mia truppa di lanciare bottiglie di alcolici verso l'ingresso ovest, dove abbiamo visto passare la nave pirata.
Dico loro di lanciare l'intera scorta di rum, nel frattempo io preparo una molotov con una bottiglia di vodka. Quando sono pronto porto la mia truppa verso l'uscita est e lancio maldestramente la mia molotov improvvisata.
L'aspettativa era quella di una esplosione importante con fiamme alte almeno fino al soffitto.
In realtà si sente solo il rumore della bottiglia che si rompe, le fiamme sono alte qualche centimetro, vacue e deboli. Sembrano un fuoco fatuo.
Oltre che brevi.
Ma tanto basta a far desistere uno degli antichi pirati ad entrare anche se non rinuncia a spararci con il suo schioppo. Fortuna vuole che la mira è scarsa e l'antico fucile deve essere ricaricato ad ogni singolo colpo.
Abbiamo così il tempo di arrivare fino al molo est. La nebbia nel frattempo si è diradata e cominciamo a rivedere il cirinquito dove la gente continua a bere e ballare come se nulla fosse. Vedo anche il pirata che ci ha sparato poc'anzi andare calmo verso il bar e prendere una birra.
Qualcosa non mi quadra, non torna.
In mezzo alla solita clientela ci sono un sacco di antichi pirati che bevono e ballano in perfetta armonia coi tempi nostri, così simili ai loro, vero, ma tecnologicamente diversi. Dovrebbero quanto meno essere perplessi dalla musica che arriva da scatole chiuse e dal rum in bottiglia invece che in botti servito con coca cola invece che bevuto come torci-budella.
Invece il perplesso sono io.
E lo sono ancora di più quando Giubeca mi fa sobbalzare arrivandomi alle spalle con tutte e due le mani integre.
Ride.
Ci sei cascato, mi dice.
“Ci sono cascato in cosa?” Chiedo.
“Allo scherzo della mano.” E ride.
Ok. Giubeca e la sicurezza mi hanno minchionato con lo scherzo dell'incidente. Ma sti cazzo di pirati da dove vengono?
La nebbia che ha avvolto il bar cosa è stata?
Aziono il traduttore intergalattico per capire cosa sta dicendo Predator e scopro che stasera sarebbe attraccato con tanto di effetti speciali e figuranti acrobati il veliero di Jack Sparrow, quello usato nel film “I Pirati dei Caraibi” per una mostra permanente.
Il pirata figurante ci ha sparato a salve, chiaramente.
Torno dentro mortificato con la mia truppa mista, ferito nell'orgoglio.
E a peggiorare le cose incrocio Peter che torna da Ground Zero soddisfatto della prestazione sessuale (offerta o ricevuta) che mi chiede cosa è successo.
Nebbia, pirati, scherzo, panico, gli riassumo.
Mi porge uno dei tanti plastificati posati sul banco che pubblicizzavano l'evento e mi dice: “Non lo sapevi?”
No. Non lo sapevo. Ed è tutta la sera che uso quei plastificati come sottobicchieri.
La mia truppa mista si dice ignorante dell'evento e io rimango mortificato.
In segno di prostrazione vado a pulire la dove ho fatto buttare un'intera scorta di rum, lasciando il barback al banco.
Non riesco a trattenere un porcatroiaporca quando lo vedo fotografarsi con Johnny Jack Sparrow Depp a cui ha servito un banalissimo rum e cola che io avrei fatto meglio.
Quando Johnny Jack Sparrow Depp mi passa accanto per uscire mi lancia un occhiata di commiserazione e in un italiano improbabile mi dice, battendomi sulla spalla: “Peggiora sempre prima di migliorare.”
Io poggio un braccio sul fianco, impugnando la scopa come fosse una bandiera piantata per terra e dal cuore mi esce un “Ma Vaffanculo, Jack!”
“Hai visto?” Mi risponde lui. “Non sta già migliorando?”

mercoledì 2 giugno 2010

Vita da Bar ep. 30 Fra Realtà e Sogno (parte II)


La serata scorre via cinque scontrini alla volta, fino a che si alzano le luci, si spegne la musica e noi dello staff, barman, barback e cassiera brindiamo alla fine dell'assedio con il primo alcolico che abbiamo a portata di mano.
Ognuno commenta la propria serata, le proprie piccole avventure, le cazzate sparate dai Rubia e dalle Hack quando sentiamo degli strilli provenire dal cirinquito. Regina Tequila sta rincorrendo Duchessa Clara Campari Barca in Bosco che si è tolta le collant e se le è infilate in testa. Sembra un elfo della foresta che dispensa allegria. Regina Tequila ha finito gli shot che Peter le aveva fatto trovare sul banco e Duchessa Campari ha bruciato una scorta di gingerini rossi da dieci gradi a bottiglietta. Si stanno divertendo e noi le guardiamo divertiti. C'è anche la moglie di Vinni in mezzo che ride alterata dall'alcol e probabilmente indispettita dall'ultima bravata che il marito gli ha fatto in un momento di debolezza. Lo aveva visto sbaciucchiarsi con Maga proprio mentre io minacciavo di sputtanarlo.
Quando Regina Tequila bracca Duchessa ho veramente l'impressione che le cose potessero essere andate in maniera diversa se avessi fatto un movimento diverso questa sera. Io so già cosa sta per succedere e mi rovino la sorpresa da solo anticipando il bacio di Regina sul collo a Duchessa, che però è ubriaca e non estatica. Inizia a piovere, tamburellando sui vetri e sul tetto. Agata, la moglie di Vinni, si unisce alle ragazze in un bacio giocoso e ludico più che dettato dalla libido.
Le donne riescono sempre a sorprendermi con quale facilità giochino con la sessualità.
Insomma si sta avverando tutto quello che ho visto nel mia proiezione temporale ma senza la parte morbosa con cui l'ho vissuto la prima volta. L'unico a soffrirne è Vinni, che guarda la moglie sapendo che per un po' dovrà starsene in punizione.
Credo che le ragazze giochino sul fatto di essere osservate e bagnate dalla pioggia, regalandoci un innocente ma generoso e divertente spettacolo di sensualità promessa. Per poi tornare a strillare e a correre a piedi nudi per l'intero locale.
La situazione è allegra e aiuta tutti a decomprimere la serata importante che abbiamo affrontato.
Duchessa Campari arriva più volte al banco pretendendo il suo gingerino in bottiglietta come premio per aver battuto Regina Tequila a chissà quale gioco.
Ad un rifiuto di Peter Duchessa promette di mostrargli il seno. Come per magia il gingerino compare sul banco e la maglietta si alza come quella di un calciatore esultante dopo un gol. Quasi illuminata da questo nuovo modo di indossare la maglietta Duchessa Campari inizia a correre con la maglia alzata, le collant in testa e urlando qualcosa di incomprensibile.
Poi torna al banco a bersi la sua ricompensa.
Con molta difficoltà riusciamo a portare a termine le pulizie e finalmente anche noi maschietti diamo bella mostra di noi urlando e smanettando a calcio-balilla.
E il mio turno a star fuori quando sento punta tacco in passerella. Poi una voce con una leggera inflessione straniera, forse francese, chiede se siamo chiusi. E' nascosta nell'ombra della notte.
Non posso crederci, il destino che ritorna.
Mi avvicino al cancelletto chiuso deciso a fare il fico della situazione.
“Dipende.” Esordisco.
Lei si avvicina rimanendo col viso nell'ombra della notte.
“La tua occasione di vedermi l'hai avuta, maschietto.” Mi dice. “Sono venuta per Regina e Duchessa.” Mi spinge di lato e entra. Non riesco a vederle il viso. Poi viene ingoiata dalla piattaforma galleggiante, dove raggiunge Regina e Duchessa che sono sedute per terra a parlare.
Si sdraia con una naturalezza disarmante accanto a Regina, posando la testa fra le cosce di Duchessa che le carezza la testa. Tutto diventa di nuovo una visione morbosa anche se i loro baci sono delicati e sembrano solo sfiorarsi con le mani.
Ritorna quella situazione di imbarazzo visibile.
Rimango a guardarle come un voyeur accusando le loro occhiate che mi lanciano a ripetizione.
Si baciano e si accarezzano per non so quanto tempo e io rimango intrappolato in una sorta di estatica visione fino a che Peter non mi chiama. E' il mio turno a calcio-balilla.
Scosso dalla voce esterna trovo la forza per allontanarmi.
Affondo la mia concentrazione sulla partita, cercando di scordare le tre ragazze in chiatta.
Infilo la pallina nella porta avversaria per il sei a quattro finale e vengo applaudito dalle due nobildonne della congrega che ci hanno finalmente raggiunto nel parterre.
“Dov'è la francese?” Chiedo.
Le due ragazze nicchiano. Quale francese? Non c'era nessuno con noi. Ma chi? Dove? Mi rispondono all'unisono Duchessa Campari e Regina Tequila.
Mi stanno quasi convincendo che soffro di allucinazioni quando un gota rossa di una e la forzata deglutizione dell'altra mi danno ragione.
“Ha ammaliato anche voi?” Chiedo.
Il silenzio è una risposta più che soddisfacente.
E ora sto meglio, quasi sollevato: non ero io il morboso.
Mi spiace solo che probabilmente non la vedrò mai più.
Oddio, pensandoci bene, in realtà non l'ho mai vista.

domenica 23 maggio 2010

Vita da Bar ep. 29 Fra Sogno e Realtà


Siamo tutti preoccupati per stasera. Non tanto perché c'è l'annuale Emtivi Day, ma perché è il compleanno di Regina Tequila.
Peterpenis gli ha fatto trovare sul banco tanti chupiti quanti sono gli anni che compie, perché Peterpenis è un cazzo senza cuore. Istigazione alla violenza è il reato di cui si sta macchiando.
Fortunatamente la prima decina d'anni va via in brindisi con tutto lo staff e la vita media di una bartender del livello di Regina Tequila è sotto i trenta.
Ne rimangono poco più di una quindicina. Il resto è fantasia: improvvisamente inizia l'Emtivi Day e spero che Regina non abbia tempo di finire i chupiti cominciati se non con un ritmo molto blando.
I Rubia e le Margherita Hack di cui è pieno lo Star Wars stasera arrivano con cinque scontrini alla volta e io vorrei avere una maglietta con scritto The Bartender hates you.
Dal retro ad un certo punto compare Duchessa Clara Campari Barca in Bosco, dell'entourage di Zoiberg, che è venuta a festeggiare il compleanno di Regina Tequila.
Ci saluta tutti con i suoi modi gentili ed educati e mi chiede un Rum Cooler.
“Nell'attesa prenderei un gingerino, di quelli nella bottiglietta, quelli rossi.” Mi dice.
Faccio per versarlo nel bicchiere con del ghiaccio quando mi blocca. “Niente bicchiere, lo bevo così, grazie.”
Ora comprendo perché la chiamano Duchessa Campari.
Si scassa il suo gingerino da dieci gradi a bottiglietta in un sorso, poi si impossessa del Rum Cooler e sparisce verso il cirinquito.
Qualche ora dopo la vedrò correre completamente ubriaca con un paio di collant in testa, inseguita da Regina Tequila, in un gioco erotico che lascerà tutti i maschietti dello Star Wars Bar imbarazzati. Ma questa è un'altra storia.
Al momento ho a che fare con una folla importante moltiplicata per cinque con qualcuno che si agita perché ha aspettato qualche minuto in più.
Il bartender con cui condivido la sventura mi consiglia di non alzare gli occhi per evitare ulteriori pressioni. Non faccio in tempo ad assimilare il consiglio che una voce femminile mi dice:
“Senti, non ho fatto lo scontrino, mi puoi fare da bere lo stesso? Pago a te.”
Alzo appena lo sguardo dai lime che sto pestando per il Mojito pronto a mandare a farsi fottere la ragazza quando lei mi anticipa.
“Libero di mandarmi a quel paese, naturalmente.”
Un leggero accento francese, un modo delicato di porsi, una piccola smorfia con la bocca. Tutte cose che generalmente mi avrebbero fatto incazzare ancora di più, in lei si trasformano in elementi ammalianti e affascinanti, tanto che a stento le dico: “No, mi spiace, devi passare alla cassa.”
“Ok, non importa.” Mi risponde la ragazza.
Quando fa per andare alla cassa dal mio bassoventre arriva l'ordine di fermarla e chiederle cosa vuole.
Ma no, dai, dice ancora lei; ma dai, insisto, dico io; va bene dice lei.
“Allora tre Mojito, una Caipiroska, un Rum Cooler e un Iggy Pop.”
La guardo basito. Cazzo come m'ha fregato, penso. Ma rimane ancora ammaliatrice e affascinante. E anche quando tira fuori la carta di credito per pagare e un vaffanculo mi uscirebbe dal cuore, vengo frenato dal secondo cervello, quello con cui ragioniamo noi maschi. Quello che è posto un po' più in basso.
Passo la carta alla cassiera e le faccio sei con le dita.
Quando mi ripassa la carta con lo scontrino la rendo alla ammaliatrice di barman, che mi saluta con un ammiccamento da flirt. Mi strizza l'occhio e mi fa cenno “a dopo”.
Sorrido ebete e cerco di capire a dopo quando, a dopo cosa. E che cosa ha di tanto speciale da evitarsi ben tre dei miei “fottiti”.
Più mi concentro sulla sua figura più mi rendo conto che il ricordo di lei è già sfocato. In pochi secondi l'ho dimenticata soffocato dagli scienziati ubriaconi.
La serata scivola via a cinque scontrini alla volta fino a che non si accendono le luci e si spegne la musica. I buttafuori iniziano a sgomberare e noi dello staff brindiamo alla sopravvenuta sopravvivenza con il primo alcolico che ci troviamo fra le mani.
Ed è allora che vediamo Regina Tequila e Duchessa Clara Campari Barca in Bosco rincorrersi sotto la pioggia che inizia a tamburellare sui vetri e sul soffitto.
Si rincorrono saffiche e Duchessa con le calze in testa ha un qualcosa di poetico. La poesia si trasforma in malizia quando Regina prende Duchessa da dietro e le tasta il seno. Diventa un filo più imbarazzante quando le inizia a baciare il collo e Duchessa chiude gli occhi estatica.
Ma il tuffo al cuore ce l'ho quando vedo la francese sbucare dal nulla e unirsi alle due in un bacio lungo, appassionato e promiscuo. Sono un groviglio di mani e bocche, il tutto bagnato da una pioggia che rende lo spettacolo ancora più sensuale.
Sono lì, davanti al grande schermo che è la vetrata che da sulla chiatta a guardare un soft-core con un birra in mano in evidente imbarazzo (e quando dico imbarazzo intendo un qualcosa di visibile come la pancia delle donne incinta di lingua spagnola) quando la ammaliatrice, inclinando la testa mi guarda sorridente e ammiccante. Esco in evidente stato confusionale e mi siedo per terra sotto la pioggia aspettando che le tre abbiano finito. La francese mi guarda ancora e mi dice, usando il labiale: “Te lo avevo promesso che ci saremmo visti dopo...”

“Senti non ho fatto lo scontrino, mi puoi fare lo stesso da bere? Pago a te.”
Mi si gela il sangue. Sono dietro il banco che fronteggio uno tsunami di scienziati ubriachi.
“Potresti almeno rispondermi...” Mi dice un po' seccata la ragazza.
Senza alzare lo sguardo chiedo l'ora al mio collega.
“E' l'una meno venti.”
Non so se ho sognato, se è stato solo un deja-vu o se sono tornato indietro di tre ore.
Nel dubbio dico alla ragazza che deve fare lo scontrino alla cassa.
Senza alzare lo sguardo, naturalmente.
“Ok, non importa. Basta saperlo.” Mi risponde lei.
Con un leggero accento ammaliatore...

(continua)

mercoledì 12 maggio 2010

Vita da Bar ep. 28 Claustrofobia (Close to me)

E' buio.
Un buio tremendo.
Nemmeno uno spiraglio di luce, un puntino luminoso perso nell'universo, nulla. Solo un buio tremendo.
Cerco di muovermi a tastoni e mi rendo conto che lo spazio intorno a me è limitato.
In qualsiasi direzione cerchi di muovere le braccia ho solo qualche centimetro a disposizione.
Ho un leggero senso di nausea, come se stessi fluttuando.
Cerco di ricordare dove sono.
Troppa confusione nella mia testa.
Troppo silenzio.
Abituato ai decibel dello Star Wars Bar questo silenzio mi assorda.
E' come se avessi una benda sugli occhi, dei tappi di cera nelle orecchie, gli arti legati e mi avessero sparato nello spazio.
Cerco di ricordare se è questo che è accaduto.
No.
Cerco il ricordo più recente, ma sono solo informazioni di base.
Il mio nome, lo Star Wars, il casino del venerdì sera.
Venerdì sera. E' già qualcosa.
C'è troppo buio, troppo silenzio.
Sobbalzo. Qualcosa di freddo mi toglie il respiro, qualcosa di freddo che dalla spalla scivola lungo il braccio destro.
Spunta un dolore alla nuca.
Mi fa quasi piacere. Mi fa sentire vivo. Allevia la mia ansia.
La musica alta, le luci stroboscopiche. Io fuori dal bar.
Qualche altro frammento in questa bara fluttuante nello spazio.
Dove sono? Sillabo nella mia mente.
Sto riprendendo coscienza. Di nuovo quella sensazione fredda, questa volta giù per la schiena.
Muovo di nuovo le braccia.
Misuro lo spazio.
Sono poggiato con la schiena su qualcosa di duro. Ai lati e davanti a me altri impedimenti.
Sono in un contenitore rettangolare.
Non sono mai stato in una bara, ma questa da tutta la sensazione di esserla.
Credo di essere sepolto vivo.
Vado nel panico. Agito le braccia, scalcio.
Sento che la mia bara sta cambiando direzione. Come se stessi cadendo lentamente da un altezza infinita. Adesso sono poggiato con la faccia sul coperchio. Poi mi ritrovo a testa in giù.
Finalmente, lentamente, si ferma in posizione orizzontale.
Sento delle vibrazioni ovattate.
La nuca mi fa male.
La musica alta, le luci stroboscopiche, io fuori dal bar che parlo con Vinni. Mi lamento di Maga, del suo approccio poco professionale al lavoro.
Le vibrazioni che sento sono familiari ma non riesco a collocarle.
Poi uno scricchiolio mi lacera il timpano destro.
D'istinto cerco di portare la mano all'orecchio ma il braccio sbatte contro la bara.
Ma come ci sono finito in una bara?
La musica alta, le luci stroboscopiche, io fuori dal bar che parlo con Vinni. Mi lamento di Maga, del suo approccio poco professionale al lavoro. Vinni mi chiede se sto facendo rapporto. Io gli domando se siamo militari o baristi. Non sto facendo rapporto, mi lamento con un amico.
Improvvisamente riconosco le vibrazioni che mi sono così familiari: è “Hey Boy, hey girl” dei Chemical Bros. Un brano che il Dott. Zeta mette sempre.
Deduco di essere vicino allo Star Wars.
Di nuovo qualcosa di freddo, questa volta sulla faccia.
Ancora quello scricchiolio.
Gli scricchiolii, tutto ovattato, buio, la musica come vibrazione: come quando stai immerso in una vasca.
Ho capito dove sono.
Non so ancora cosa mi contiene ma ho capito dove sono.
Non so come ci sono finito ma ho capito dove sono.
Cazzo, cazzo, cazzo. Devo uscire da qua. Di nuovo nel panico. Lo scricchiolio alla mia destra, forse posso sfruttare quello.
Inizio a colpire col gomito la parete destra. Colpisco anche con la testa.
La testa. Mi fa male.
La musica alta, le luci stroboscopiche, io fuori dal bar che parlo con Vinni. Mi lamento di Maga, del suo approccio poco professionale al lavoro. Vinni mi chiede se sto facendo rapporto. Io gli domando se siamo militari o baristi. Non sto facendo rapporto, mi lamento con un amico. Poi scendo a ground zero per prendere due bottiglie di vodka in magazzino. Incontro Maga che mi insulta.
“Ti ho sentito, stronzo.”
Sfondo la paratia laterale, finalmente. Vengo investito da un ondata gelida. Il contenitore si apre come una scatola di sardine a causa della pressione marina e io mi spingo verso l'alto non senza dare un occhiata alla mia bara.
Mi sembra di non arrivare mai. Di non raggiungere mai la superficie.
La musica alta, le luci stroboscopiche, io fuori dal bar che parlo con Vinni. Mi lamento di Maga, del suo approccio poco professionale al lavoro. Vinni mi chiede se sto facendo rapporto. Io gli domando se siamo militari o baristi. Non sto facendo rapporto, mi lamento con un amico. Poi scendo a ground zero per prendere due bottiglie di vodka in magazzino. Incontro Maga che mi si para davanti.
“Ti ho sentito parlare con Vinni, stronzo.”
“Se lavori così meriti un rapporto al tenente che non ti ho fatto.” Rispondo, parafrasando le parole di Vinni.
La supero, lasciandola alle mie spalle.
Sento un dolore alla nuca. Poi il buio.
Finalmente riemergo e mi ossigeno.
Mi deve aver colpito alla testa e poi messo dentro un vecchio mobile di legno per le stoviglie che avevamo in magazzino che in qualche modo è riuscita a buttare in mare.
“Out of control”, sempre dei Chemical Bros. sta finendo quando mi aggrappo alla scaletta di salvataggio della chiatta. Risalendo sento Vinni che chiede a qualcuno dove sono finito.
Vorrei rispondere ma sono senza fiato.
E poi non lo sta chiedendo a me.
“In fondo al mare.” Risponde Maga.
“Così mi piaci!” Replica Vinni.
Quando riesco a guadagnare il bordo esterno della chiatta vedo la mano di Vinni che si infila sotto la gonna di Maga.
“Così mi piaci.” Ripete prima di baciarla.
Rimango scolo a guardali, sono proprio dietro di loro.
Poi scavalco la ringhiera di sicurezza e finalmente i due si accorgono di me.
Mi guardano increduli.
“Vado a farti rapporto.” Dico a Maga, pacato.
Poi do un buffetto bagnato sulla guancia di Vinni e aggiungo: “ma lo faccio a sua moglie.”
E mi allontano come il mostro della laguna, tutto bagnato e con qualche alga che mi pende dalle spalle.

mercoledì 5 maggio 2010

Vita da Bar ep. 27 Lumache ipnotiche e altre droghe


Ballano scatenati nel dance floor.
Il Dott. Zeta mette la solita selezione, non può essere merito suo: evidentemente oggi gira droga dinamica.
Ed evidentemente qualcuno ha sbagliato pusher: l'uomo lumaca che ho al banco sembra venire da un mondo differente da quello dei ballerini scalmanati. Ricorda un bradipo che cerca di catturare Neo, l'eroe di Matrix.
- Srait. Dice senza chiudere la mascella, con lo sguardo fisso nel nulla e ipersalivando.
Sintetico il ragazzo, penso.
Non faccio in tempo a prendere la lattina di sprite dal frigo che mi ripete: - Srait!
Sintetico, lento e frettoloso.
Perde la saliva in eccesso, che gli riga il mento e forma una goccia pronta a cadere sull'ardesia.
Bicchiere, cannuccia, lattina. Mi sbrigo a metterglieli a disposizione, facendo a gara con la sua goccia di saliva sempre più piena.
Vinco.
- Iaccio.
La goccia diventa un filo sempre più lungo, adesso pende dal mento, viscida.
Infilo una palettata di ghiaccio nel bicchiere, invischiando anche il filo di bava diventato spesso e biancastro. Sembra di vedere la brutta copia di un disegno di Hans Ruedi Giger.
Rimane lì, come se stesse risucchiando la bibita insieme alla saliva.
Guarda il bicchiere, la lattina e me.
Poi ripete il giro con lo sguardo.
Duca mi chiede che problema ha quando sentiamo delle urla provenire dal dance floor.
Non è la solita rissa: sono due ragazze. Giubeca è interdetto, Ferrotre aspetta ordini. L'unico pronto a intervenire è Predator: in maniera assolutamente democratica tratterebbe le due ragazze come il ballerino di taekwondo e l'ultimo energumeno che ha cercato lo scontro all'ingresso. In questo gli altri fanno la figura dei sessisti.
Deus ex machina arriva il Talebano che le invita a continuare a tirarsi i capelli nella zona parterre, lasciando libera la pista a chi vuole ballare.
- E poi abbiamo anche la piscina col fango, potreste inaugurarla voi. Aggiunge il mio endecamorfo capo.
Dopo l'attimo di staticità che pervade lo Star Wars Bar, come la quiete prima della tempesta, si scatena l'inferno. Il Talebano viene scaraventato al di qua del banco. Le due ragazze iniziano a darsele come due manovali incazzati, senza esclusione di colpi. Finiscono contro la consolle del Dott. Zeta, assolutamente estraneo al tutto, fino a quel momento. La platea si allarga per fare spazio alle due donne.
I buttafuori rimangono a guardare.
Giubeca ferma Predator sempre più simile ad un cane al guinzaglio.
La musica finisce, alzo le luci e salgo in piedi sul banco per godere al meglio dello spettacolo.
Come nei meglio action movie le due si scambiano calci volanti e fanno capriole in cielo: roba da non credere.
Con una doppia giravolta la bruna, l'altra è bionda, è sul banco in piedi accanto a me. La bionda sfrutta un appiglio sul soffitto per arrivare a lei con un doppio calcio volante. La bruna sa il fatto suo e sfrutta la forza dinamica della contendente per scaraventarla nel parterre mandando in frantumi il cristallo.
Il Talebano si rialza intontito ma senza danni.
Le due ragazze sono finalmente nel fango.
Dove lentamente si sta avvicinando l'uomo lumaca.
Quando finalmente le raggiunge, dentro la piscina di fango, poggia loro le mani sulle spalle.
- Noon lihihate her me, vi posso ahhontentare tutte e due sensa hroblemi. Gli dice.
Incredibilmente le due smettono di picchiarsi.
Si allontanano con l'uomo lumaca, con lo stesso passo e lo stesso sguardo.
Scendo dal banco.
Il Talebano mi chiede di abbassare la luce e urla al Dott. Zeta di riprendere con la selezione di file mp3.
Mentre Duca scopa via i cocci di qualche bicchiere rotto dal Talebano nella sua rovinosa caduta dietro il banco un tizio attira la mia attenzione con fare circospetto.
E' il pusher sbagliato: mi mostra delle lumache e mi chiede se ne voglio una.
- Sono ipnotiche. Ti rendono un po' lento ma se tocchi qualcuno ce l'hai in tuo potere per qualche ora.
Uno spacciatore di lumache ipnotiche! Credevo di aver visto tutto ma evidentemente mi sbagliavo.
- Quante ne hai? Gli chiedo.
- Una decina. Mi risponde il pusher pregustando una vendita.
- Allora fai un investimento: mangiatene una e vendi le altre nove a quelli che ti stanno intorno. Suggerisco scherzando.
Venti minuti dopo ho un esercito di zombie che mi chiede srait da bere invece di ballare la progressive del Dott. Zeta.
Fra uno degli zombie riconosco il pusher di prima che mi sorride ebete.
- Ho seghuito il tuo consiglio. Riesce a dirmi.
Poi mi ordina una sprite.
Il frigo è ormai vuoto ma i lumaconi non vogliono sentire ragioni e ad una voce sola richiedono Sra-it! Sra-it! Sra-it!
Quando li vedo scavalcare lentamente il bancone decido di abbandonare il campo e di godermi la visione rivista de la Notte dei Morti Viventi dal parterre, con una birra in mano e a qualche metro di sicurezza dagli estemporanei zombie.
Aspettando che l'effetto delle lumache ipnotiche passi.

venerdì 23 aprile 2010

Vita da Bar ep. 26 Diavolo e Acqua Santa


L'Orso Polare che ho al banco pretende l'Artik nel suo vodka lemon. Provo a spiegargli che non ce l'ho. Che ho vodke più pregiate, ma lui insiste. Sono in imbarazzo, non posso contraddirlo ancora, è pur sempre un Orso. Viene in mio soccorso il Diavolo, sicuramente più persuasivo, che lo convince della bontà della Moskovskaya.
Insieme a loro c'è una Drag-Queen che mi ordina un Oriente Rosso. La guardo bene per trovare tracce di Fico Barbozo sotto il trucco esasperato. Rimango nel dubbio, forse è lui, forse no.
A completare il gruppo il solito frichettone con l'aureola che mi chiede gentilmente del Vin Santo.
“Mi spiace, ma quello proprio non lo teniamo.”
“Nel frigo dietro al passito.” Mi dice.
“Cosa?” Chiedo.
“Guarda nel frigo dietro al passito.” Mi ripete.
Guardo nel frigo. Dietro al passito c'è del Vin Santo.
Non mi stupisco più di nulla. Gli verso il vino e ripongo la bottiglia.
“Il Vin Santo lo offro io.” E' il minimo che possa fare. Se tutto va bene ce l'ha messa lui.
Il gruppo è in mezzo al dance floor che parla quando arriva una Vampirella con gonna finto strappata, un mantello rigorosamente nero con fodera rossa e un body con un generoso décolleté che attira l'attenzione di Peterpenis e Duca.
Mi chiede un banale Bloody Mary, di cui dispongo brocche già pronte. Poi balla seducente in mezzo al quartetto che gradisce in maniera educata e discreta.
Io scommetto su Barbozo, Duca sull'Orso Polare. Peter su se stesso. Il Diavolo è fuori per via di quella sua puzza di zolfo e il frichettone pensa solo a farsi delle canne.
Vedo la Vampirella sussultare un attimo, prima di tornare al banco e ordinarmi un altro Bloody Mary.
“Mi sembra di conoscerti...” Mi dice prima di sussultare di nuovo ed emettere un versetto acuto.
No, non la conosco. E non ho il tempo di approfondire perché la giovane Vampira si allontana.
Raggiunge brilla lo strano quartetto.
Peter mi deride scherzosamente per la mia reattività con la ragazza.
Io abbozzo che intanto era in compagnia.
Poi la vediamo allontanarsi con l'Orso Polare: Duca pretende la vincita e incassa due banconote da me e Peter.
Non passa molto che Vampira è di nuovo al banco a chiedermi il terzo Bloody Mary.
Sto per dirle qualcosa quando sussulta, emette quel singulto acuto e torna dal trio rimasto: l'Orso Polare lo immagino da qualche parte a districarsi dalla pelliccia.
Peter mi deride, ma stavolta incasso io dai due colleghi: Vampira se ne va con Fico Barbozo barra Drag-Queen.
Commentiamo compiaciuti e un po' invidiosi l'allegra serata promiscua della giovane Vampirella e Duca vorrebbe scommettere anche sul frichettone. Poi lo vede con aria estatica che parla a dei ragazzi e cambia idea.
Nel frattempo Vampirella è tornata su a bersi il quarto, il quinto e il sesto Bloody Mary.
Al settimo Peter mi mostra la sua tecnica di approccio.
Vampirella sussulta, fa un versetto acuto, poi esce col suo drink.
Peter mi da di gomito e la segue.
Duca, visibilmente piccato, mi dice, guardando i due uscire: “Ma come fa quel buliccio a farsele tutte?”
“Non lo so, mi ha mostrato la sua tecnica ma non sono riuscito a capirla..” Rispondo sorridendo a Duca.
“E quando torna dobbiamo pure pagarlo! E' proprio una puttana.” Continua duca.
“Chi, lei?” Chiedo.
“No, Peter.”
Non passa molto che Vampirella è di nuovo nel dance floor. Balla con il Diavolo la cui coda vedo strisciare su per la gamba di lei, sotto la gonna succinta, fino a che la ragazza non fa un sussulto ed emette un versetto acuto.
Il Diavolo è tutta la sera che la stuzzica e lei si scopa gli altri. Deve essere frustrante, penso.
“No, me la stanno solo scaldando. Se fossi stato io il primo gli altri che figura ci avrebbero fatto?” Mi risponde il Diavolo a una domanda che non gli ho posto.
Devi smetterla di leggermi nel pensiero, penso guardandolo.
E' a quel punto che Duca mi fa notare che Peter non è ancora tornato.
Così come non sono mai tornati l'Orso e la Drag-Queen.
Sto per uscire a cercare Peter quando sento il Diavolo urlare: “Sia tu maledetta figlia di un demone minore e perverso!”
La puzza di zolfo invade tutto il locale.
Vampira si accascia a terra colpita da una maledizione demoniaca e si trasforma in un cumulo di cenere.
Scatta l'allarme antincendio e si aprono le bocchette a soffitto bagnando a pioggia tutto lo Star Wars Bar.
E' questione di secondi e si spengono le luci, salta l'impianto elettrico e si accendono le luci di emergenza.
La musica lascia posto al vociare isterico della popolazione di pipistrelli, pinguini, astronauti, personaggi fantasy, un unicorno e supereroi vari che esce fuori, dove non piove.
Il frichettone, divertito, si congratula con me per lo show carnevalesco che abbiamo messo su.
Poi esce completamente asciutto e si va a sedere sull'acqua del mare, con la schiena poggiata alla paratia del bar galleggiante a farsi un altro cannone.
Dentro rimaniamo io e il Diavolo sotto una scrosciante e innaturale pioggia.
Sto per chiedergli cosa è successo quando lui, imprecando su questa maledetta mania di travestirci nel periodo di carnevale, mi dice che “quella bastarda era una vampira vera!”
“Come una vampira vera?”
“Esistono i vampiri, si. E io sto invecchiando, avrei dovuto riconoscerla subito.”
Nella mia mente si stanno insinuando delle domande del tipo: come mai il diavolo non può scoparsi una Vampira e se era il caso di fare tutto sto casino quando mi risponde.
“Sarebbe come per voi umani fare un buco in un manichino e infilarcelo dentro e anche se c'è qualcuno che lo fa non è divertente come fare sesso vero.
Questo casino era necessario per salvare tutti quelli che ha morso e, per ultimo ma non meno importante, non voleva scoparmi ma mordermi, come ha fatto con gli altri.”
Il mio pensiero corre subito a Peter e Barbozo.
“Non ti preoccupare, non era giunta la loro ora e ho interrotto l'incantesimo vampiresco.”
“E l'Orso Polare?” Domando.
“Anche Big Boss sta bene. Ha fatto un patto con me, d'altronde.”
Come sempre anticipa la risposta alle mie domande: “Si, sotto il costume da Orso c'era Big Boss.”
“Ma come Big Boss?” Ripenso a quanto ha insistito per il suo vodka lemon: ”Che rompipalle... Lo sa che l'Artik non la teniamo.”
“Magari voleva rimanere in incognito oppure ti ha fatto uno scherzo: è pur sempre carnevale.” Mi dice prima di scomparire lasciandomi con una serata rovinata e tutto il locale allagato.
Finalmente smette di piovere dentro e guardando a come è ridotto il bar rimpiango tutti i carnevali passati in cui ho bestemmiato trovando coriandoli ovunque.
Poi, nel buio, vedo il bracino di una sigaretta riflesso sull'acqua. E' il frichettone.
“Ehi, Frick” urlo “Non è che mi puoi dare una mano con tutta quest'acqua?”
“Sorry. Almeno avrai un motivo valido.” E' la sua risposta.
“Per cosa?”
“Per bestemmiare...”

mercoledì 14 aprile 2010

Vita da Bar ep. 25 Regina Tequila vs Regina Canestrello


Come la donna invisibile dei Fantastici Quattro, mi sento protetto dai vetri della Cella di Magneto, lo Star Wars Bar: guardo la folla che affolla il locale pigiata contro i vetri, all'esterno, come un aquario al contrario. Ma come la donna dei Fantastici Quattro, Sue Richards, il mio potere dura poco e qualche minuto dopo io, il Duca e Maga siamo sopraffatti dai bevitori scienziati che asseriscono di essere tutti lì da un'ora e di essere lì prima di qualcun altro.
Io li servo con una sequenza scientifica, da par loro: la sequenza casuale.
Se mi stai sul cazzo sarai più casuale degli altri.
Nel bar galleggiante, l'appendice dello Star Wars, immagino Regina Tequila con un fila di chupiti da riempire, uno sempre rigorosamente suo, che accumula bottiglie vuote dietro di se.
Il bar galleggiante è il primo a riempirsi e il beccheggio o il rollio, a seconda delle correnti, aiuta l'utente a sentirsi già ubriaco prima ancora di bere.
Questo comporta che dopo una prima levata di scudi, con il capitano che chiama la formazione a testuggine, lo staff della chiatta tira un sospiro di sollievo e i clienti migrano come pinguini all'interno dove oltre al pavimento stabile c'è anche musica ad alto volume e luci strobo da test per l'epilessia.
Continuo a servire fluido mescolato in maniera fluida nell'ordine che preferisco quando i clienti in attesa si dividono come il Mar Rosso all'ordine di Mosè per far spazio a Regina Canestrello e al suo codazzo.
Il canestrello è quel tappo bianco che si forma intorno alle narici dei cocainomani distratti.
Regina è il soprannome per quel che si crede di essere. Canestrello per quel che è.
Insieme a Regina Canestrello c'è un resident dj venusiano e il suo piccolo giullare, tutto sudato e poco giulivo.
“Un Jack e cola, un vodka tonica con lime e un Miami.” Ordina il giullare poco giulivo.
Alzo appena lo sguardo dai lime che sto tagliando.
Accenno un sorriso.
Poi mi rivolgo ad un giovane scienziato alla destra del terzetto: “Ciao, dimmi.”
Quando la folla è così pressante e la musica ha questi volumi i dialoghi con il cliente sono ridotti all'essenza.
Ciao, dimmi significa che è il tuo turno.
Mi ordina due Long Island Mexican Ice Tea.
Il giullare, sempre più sudato, mi ripete l'ordine aggiungendo un “ehi!”
Mentre mesco i quattro liquori per il Long Island lancio un'altra occhiata al trio. Sono tutti e tre con la mascella serrata, sudati e si guardano intorno paranoici.
Servo i due Long Island e poi mi rivolgo ad una ragazza bionda alla loro sinistra.
“Ciao, dimmi.”
Il giullare si agita. Vuole assolutamente da bere e lo vuole prima degli altri.
Sta perdendo posizioni nella mia graduatoria shuffle.
Scivola sempre più in basso.
Allora ci prova Regina Canestrello.
“Mi piace questo ragazzo,” dice non riuscendo a coordinare l'espressione con le parole. “sei forte! Anche se un sorriso potresti farlo.” Insiste, irritandomi più del suo giullare.
Guardo fuori e vedo il bar galleggiante piuttosto libero.
“Fuori c'è meno gente.” dico seccato.
Il Mar Rosso si riapre e, con mia somma sorpresa, Regina Canestrello e il suo codazzo abbandonano il campo, seguendo il mio implicito consiglio.
Mentre continuo a mixare succhi di frutta con alcolici vedo le due Regine a confronto.
Regina Tequila li accoglie con un sorriso, prepara i cocktail richiesti. Poi qualcosa va storto.
Regina Tequila ritira uno dei bicchieri dal banco.
Regina Canestrello le si rivolge malamente facendo il gesto di andarsene per poi tornare a contestare qualcosa.
Un attimo dopo le due Regine sono sospese a paio di metri da terra, con gli occhi girati e le braccia aperte, contornate da un aura luminosa.
Regina Canestrello apre il combattimento lanciando bianche tessere ninja che Regina Tequila scansa con agilità.
La contromossa è il Fuoco dalla Bocca di Regina Tequila, contrastato dal denso Fumo Bianco di Canestrello.
Per qualche lunghissimo istante rimangono così, come due sfidanti a braccio di ferro al via.
Poi Tequila con una doppia giravolta è alle spalle di Canestrello e tenta di stordirla con la Cantilena Catalana.
Canestrello risponde con la Parlata Rapida.
La situazione è di assoluta parità.
Fino a che Regina Tequila non ordina al cielo di far piovere vodka su Regina Canestrello.
Zuppa d'alcool inizia a perdere la bianca aura, quota e potere.
Fino a che non cade a terra stremata.
Regina Tequila fa fuoco dalla bocca e di Regina Canestrello non rimane che un mozzicone bruciacchiato.
Stremata Tequila torna al banco, si fa un chupito della sua riserva personale e torna a servire i clienti, mentre i colleghi si lamentano della sua pausa lunga.
Canestrello si rialza. Si scrolla un po' di cenere da dosso e poi se ne va dicendo fra sé: “Questa l'hai vinta tu, ma tornerò, maledetta strega.”
Quando Canestrello è all'altezza della passerella Regina Tequila dalla sua postazione fa il gesto di spingere qualcuno. Canestrello finisce in acqua. E giurerei di sentire Tequila mormorare, trangugiando l'ennesimo chupito: “Già, sono proprio una strega.”

sabato 3 aprile 2010

Vita da Bar ep. 24 So Beautiful

Lo scirocco svuota la mente e riempie il bassoventre. La musica latina del sabato sera aiuta a liberare la libido e i ragazzi vanno in giro tenendo per mano il loro ormone.
Assisto a scene quasi pornografiche dalla postazione privilegiata del mio bancone: sempre meglio che vedere i due energumeni della settimana scorsa spogliarsi della camicia e maglietta per mostrare bicipiti e fare a gara a chi ha il tatuaggio Più grosso, testa contro testa, sputando ambigui epiteti nell'attesa che Giubeca o Ferrotre intervenga a far da paciere.
Stasera invece le ragazze muovono il culo sul pacco dei ragazzi a ritmo di sconosciuti compositori cubani e tutti sembrano divertirsi.
Anche i miei colleghi.
Come ho detto, lo scirocco svuota la mente e stasera in modo particolare.
Peterpenis e Francine lavorano con me solo un giorno alla settimana, quest'anno. Michelle si è licenziata. Sono stati sostituiti da Duca, Thiago, Maga e Tippy.
Le cose potrebbero essere semplicissime: A e B stanno con C e D, non necessariamente in quest'ordine. Potrebbe essere anche adbc o in caso di rapporti omosessuali abcd (chi sta sopra e chi sotto non è importante).
E invece dobbiamo fare a meno del semplice e prestare il superlativo assoluto a complicato.
Duca è innamorato di Tippy, ma l'ho pescato nel bagno mentre aveva un rapporto non protetto con Maga, la quale piace a Thiago che non è riuscito a farsi Tippy perché è un po' frocio inside e perché a Tippy piace scaldare il belino a Duca che è l'amore segreto di Maga... se non avete capito non importa, l'importante è che stasera ognuno pensi che sia la serata buona per sé.
E infatti c'è un gran viavai fra i bagni e il magazzino, mentre io rimango su a rompermi il culo fra due banchi scoperti e la cassa.
In chiatta Regina Tequila ha incenerito con un incantesimo due terzi degli avventori portatori sani di karmayoga negativo. L'altro terzo ce l'ho io al banco.
La spina della birra mi sputa in faccia il suo ultimo rivolo di luppolo così trovo l'occasione per fuggire alla ressa e vado in magazzino a cambiare il fusto.
Mentre scendo le scale di corsa mi passa davanti tutto quello che mi è capitato l'ultima volta che mi sono ritrovato in una situazione del genere.
Una volta entrato in magazzino ho la percezione che qualcosa di nuovo mi sta per capitare: sento mugolare dietro la porta dell'ufficio. Cosa faccio, non sbircio? Sbircio.
Intravedo Duca con i pantaloni abbassati che si dà da fare. Mi sporgo per vedere se la fortunata è Tippy o Maga. Non riesco a vedere ma quello che sento mi chiarisce la situazione: è chiaramente la voce di Thiago che incensa la dote nascosta di Duca, chiedendone di più e ancora.
E Duca che dice nella foga del momento: - Si fottano quelle due scaldacazzi, è te che ho sempre voluto.
Non so dove siano cd, ma per il momento so che a è sopra b.
Cambio il fusto in fretta, torno su e penso: contenti loro...

domenica 28 marzo 2010

Vita da Bar ep. 23 Dalla parte del cliente.

L'autrice di questo episodio è Principessa Leila

Spinta da un’amica giovanilista e ingrata mi ritrovo a visitare passiva le grazie notturne del magico nostro centro historico. Vestita come una foca a un matrimonio non riesco a mascherare il mio forse ingiustificato ma comunque limpidissimo disagio. I tacchi indossati coattivamente per “slanciare la figura” si piantano in ogni buco e la collana creativa per “omaggiare il decolletè” ciondola e sbatte contro le tette e tutto ciò che trova intorno. Ridotta in uno stato quasi ipnotico con un sorriso ebete senza aver beneficiato di alcuna sostanza illecita, ma neanche lecita, mi lascio trascinare dalla corrente e seguo il flusso continuo di parole che come un filo lega la bocca di Amanda al mio orecchio destro; il sinistro è incantato sul comizio del partito comunista dei lavoratori incrociato ore prima. Qualcuno aveva urlato ”tu lavoratore hai un unico modo per cambiare la tua vita: ritornare all’unità della tua classe e fare a pezzi le meschine e malaugurate politiche borghesi”. Nel frattempo all’ennesimo buco incagliato dal mio tacco un topo dal sottosuolo bestemmia.
Eccoci arrivate al famoso locale “in” di cui tanto mi avevano parlato. Me ne accorgo perché siamo ferme e intorno a me ci sono tutti appiccicati maschi tatuati troppo abbronzati e femmine seminude troppo attroiate. È la coda per entrare. Mi chiedo se anche nell’aldilà ci saranno code per varcare soglie decisive per il nostro soggiorno ultraterreno. Penso che in tal caso non mi arrabbierei perché non deve essere facile gestire un tale traffico. Intravedo alla fine della fila un omone iperproteinizzato in evidente crisi ormonale occuparsi del check in. Sarà lui che dovrà giudicarmi per ora, qui in questa vita di stenti e cotillons. Mi chiedo se si accorgerà del mio travestimento da foca e se questo in tal caso potrebbe pregiudicare il mio ingresso. Mi chiedo anche come si vive lui la sua evidente sproporzione, se ha mai pensato a un innesto chirurgico di cuscinetti di silicone nei polpacci e nelle cosce e nei piedi. Mi chiedo quanto silicone implicito mi circondi e poi in un battibaleno in un menchenonsidica sono passata e cammino leggiadra sulla passerella di legno tipo yacht. Guardo indietro per salutare l’uomo di mezza età, per ringraziarlo di aver chiuso un occhio per quella specie di cozza che ho appesa al collo, ma la corrente è forte e decisa, i calciatori e le veline sono eccitati, stiamo per fare il nostro ingresso nella nostra villa sul mare, mica a Certosa, ci sentiamo tutti belli anzi fighi, anzi fichi e chi più ne ha più ne butta.
Finita la passerella finito il momento Naomi Campbell. Percepisco di nuovo la ciccia muoversi in sintonia con il mio corpo. Eccomi. Sono la Lalla. Sono allo star wars bar

Si è vero. È decisamente in. Tutto molto campari. Sesso implicito. Astinenza elevata. Musica trans gender core. Ma nonostante il bello fuori che mi circonda non posso fare a meno di percepire un brutto dentro che dal fondo buio dell’intestino si dirige velocemente verso la prima vertebra cervicale. Ho un mancamento. Devono essere state le politiche borghesi.
Il viaggio dalla posizione eretta alla madre terra è lento e ovattato. Intorno, un frullatore di colori inghiotte tutti i denti sorridenti di giovani sudati e poi travolge anche me. Tump. ...
Mi risveglio con un dolore medio alla spalla destra, quella sinistra dorme ancora. Sono accasciata dietro alla consolle del dj insieme a dei caschi aerografati un grosso cane peloso mi lecca la faccia e qualcuno mi ha rubato la cozza dal collo. Amanda balla scalza tipo janis joplin, la platea la guarda incredula. Provo ad alzarmi ma mi sorprende un conato. Mi rendo conto che un odore fastidioso stà infastidendo il mio stomaco vuoto. Si tratta di puzza. Precisamente puzza di zolfo.
Mi arrendo alla gravità e dal mio punta di vista terreno osservo il dj. Magro smilzo con i cuffioni più grandi di lui muove la testa come quei gattini pelosi che si mettevano sul lunotto posteriore negli anni 70. Con le mani schiaccia pulsanti alza e abbassa levette sembra lavorare alla fusione a freddo. La musica gender core fa spesso questo effetto. Sandali di cuoio, bermuda nepalesi, t shirt nera. Il pubblico sembra non apprezzare il suo universo sonoro. Forse non l’hanno capito forse non si può capire, comunque lui sembra non appartenere alla sala, sembra non appartenere a nessuno. Cane sciolto? (in che senso?) bho. Eppure mi sembra di averlo conosciuto, “forse in un'altra vita” penso. La puzza di zolfo si fa pesante. Faccio per alzarmi e una grande mano con grande anello e unghia lunga si materializza davanti a me. Appartiene a un signore distinto vestito di bianco. Sembra il re definitivo dei papponi. Mentre spendo un altro nanosecondo per decidere se aggrapparmi o meno a lui, sono già in piedi, la nausea è passata e sento uno strano solletichio nelle mutande. Non faccio in tempo a capire chi e cosa, che sto attraversando la sala dietro alla sua grande giacca bianca come una calamita sui pattini e in una decina di nanosecondi mi ritrovo lasciva naso-naso con lui appesa al banco bar.
“Non preoccuparti per le mutande, è un effetto collaterale. Voglio solo bere in compagnia. Adoro il tuo vestito da foca” Sono smarrita. È un po' troppo per una abituata a guardare sos tata. Tutte le mie certezze si sciolgono e si rimescolano con una bandierina di carta in un bicchiere di godfather.

“Una gazzosa per la mia amica”. Il barista mi serve immediatamente. Alzo gli occhi cercando complicità, mi chiedo se anche il barman ha strani poteri diabolici…ma su due piedi non direi, non sembra capire. “Grazie Eroto” mi esce così senza pensare. Vite precedenti? Piacevoli divertenti pericolose vite precedenti. Ormai ho gettato la spugna non cerco di trovare un senso a tutto ciò che mi sta succedendo e mi lascio divorare da un micidiale cerchio alla testa, tutto è annebbiato, realizzo che è proprio il momento di andare a casa e che sono disposta ad andarci anche strisciando e che, anzi, sarebbe un ottima occasione per chiedere scusa ai topi. Lascio il bancone e ciondolante cerco Amanda ma trovo solo le sue scarpe. Eccomi sulla passerella al contrario, ora devo raggiungere la terra ferma che ferma da qui non mi pare proprio. Il mare nero intorno sembra cocacola sgasata. Da una barchetta a pochi metri qualcuno mi chiama , ormai mi aspetto il peggio. È Amanda in un guscio di noce con su scritto “prima o poi torno”, il suo sorriso malizioso lo riconosco anche a distanza, è avvinghiata a un fricchettone, con rispetto parlando, di quelli che non se ne vedono più in giro, con capelli lunghi e simbolo della pace sulla maglietta. Le lancio le scarpe sbagliando completamente traiettoria. Il capellone scende dalla barca, si incammina sull’acqua e le raccoglie una ad una. Amanda mi lancia un occhiata che con la giusta amplificazione avrebbe suonato come “hai capito, il ragazzo?!” . Ok. Dov’è l’astronave? I fasci di luce, i cavalli dell’apocalisse, il risuscito dei morti e il maxi processo? E' forse una cazzo di candid camera interplanetaria? State ridendo piccoli cazzo di omini verdi puzzolenti vomita schiuma? Vi sentite migliori solo perché non andate allo stadio e vi spostate nello spazio dentro a quelle piadine luminescenti ultra designe? Sapete perché nessuno riesce mai a scattarvi una cazzo di foto decente? Perché siete brutti come la f ...
“Signorina non faccia così, guardi; qualcuno ha ritrovato la sua collana mi ricordo di avergliela vista al collo. Lei deve essere una donna molto creativa.” Non avrei mai pensato di provare tanta gioia nel rivedere il signore dopato dell’ingresso, non si finisce mai di ingrassare. Dopo aver chiaccherato amabilmente, mentre io dormivo, con una stretta al braccio che non so se attribuire allo slancio d’affetto o a un eccesso di sclero da stanchezza, il mio nuovo amico mi scaraventa sorridente dentro a un taxi. “è finita” penso senza crederci troppo. ****

domenica 21 marzo 2010

Vita da Bar ep. 22 Angeli e Demoni


Ho visto le peggio cose accadere allo Star Wars Bar, eppure è un bel posto.
Ho visto le peggio cose e anche le più strane, bizzarre.
Ma mai mi era capitato un cliente che puzzasse così tanto di uovo marcio.
Gli preparo un Godfather, come mi ha chiesto.
La peculiarità che ogni buon barista dovrebbe avere è entrare in sintonia con il cliente e anticipare, prevenire i desideri e i bisogni dello stesso.
La mia peculiarità è farmi leggere nel pensiero, come mi è capitato più volte in questi anni, dietro questo banco. D'altronde io la penso old style al contrario dei clienti tipici che sono tutt'altro che old style.
L'uomo vestito di bianco, di età indefinibile, al di la del bancone, quello che mi ha chiesto il Godfather e che puzza di uovo marcio, mi legge nel pensiero.
- Non è uovo marcio. Mi dice.
- E' zolfo.
Lo guardo con espressione interlocutoria.
- Devo usare l'incantesimo dello zolfo...
Scandisce le parole, mi guarda per accertarsi che ogni singola sillaba venga compresa e ha il tono di chi deve spiegare qualcosa di semplice ma nascosto da un'aura arcana.
- ...ogni volta che mi sposto da una dimensione all'altra perché è l'unico che mi permette di farlo.
Lo guardo con espressione interlocutoria.
- Fra qualche minuto questo odore sparirà. Mi rassicura.
Un'altra mia peculiarità è non capire.
Così il bevitore di Godfather mi aiuta: - zolfo, dimensioni diverse, età indefinibile.
Continuo a non capire, ma percepisco meno l'odore di uovo marcio.
- Non è uovo marcio! Senti, proviamo con l'iconografia classica: se mi vedessi con gli occhi e le zampe caprine ti sarebbe d'aiuto?
- Demonio? Chiedo intimorito.
- Se intendi un demonio qualsiasi, no. Se intendi il Demonio, si.
Non ve lo insegnerò certo io che il Diavolo è un maestro di eloquenza, così mi intorta in discorsi che non saprei riproporvi neppure a grandi linee, quando ad un certo punto un frichettone con i sandali, i capelli lunghi e la maglietta con il simbolo della pace mi chiede una bottiglia di vino per fare uno scherzo agli amici.
Per trenta danari perfeziono la transazione e il frichettone raggiunge i suoi amici al tavolo.
- Duemila anni fa quello lì ha combinato un casino con lo stesso scherzo. Mi dice il biancovestito.
- Come? Sarebbe il figlio del capo, quello? Esclamo io, ormai totalmente in balia del mio ospite.
Scopro così che dove c'è uno c'è anche l'altro, sempre. Indipendentemente da chi decida di andare dove.
A questo punto chiedo chi ha deciso di venire qua e perché.
Belzebu rimane vago sul motivo ma afferma con risolutezza di aver scelto lui l'uscita.
Poi mi fa una proposta: mi chiede se voglio fare un giro.
- Un giro dove? Chiedo circospetto.
- A vedere come è giù di sotto.
Prima che possa chiedere ulteriori informazioni mi dice che si, mi riporterà su, che no Dante si è inventato tutto e che è una sorta di gran tour perché gli sono simpatico.
Accetto, anche se un poco restio, e d'un tratto, come risucchiato da un vortice, mi ritrovo all'inferno.
Più o meno è come me lo immagino, all'incirca come lo ha descritto Dante. Fa un caldo boia, gente tatuata e a petto nudo balla al ritmo di una musica pessima ad un volume altissimo, molti usano agenti dopanti senza ritegno e il primo che mi rivolge parola puzza di rum. Per non sbagliare mi chiede una sigaretta.
Belzebu mi fa vedere alcuni inferni particolari, tipo il dj con un fantastico impianto cd e un meravigliosa raccolta di dischi rigorosamente in vinile; il gestore del locale stracolmo di dannati senza un punto cassa dove pagare; accanto al locale un giocatore di golf in un campo stupendo senza pallina.
I baristi con intere piantagioni di menta a disposizione.
Ed è allora che si rivela: mi chiede a bruciapelo se sono interessato a lavorare per lui. Mi sciorina una lista di complimenti che finiscono nel cesso quando confessa che ha perso un barman perché richiesto dal frichettone per il suo bar personale.
Declino con la dovuta cautela ma in maniera decisa.
Lui abbozza, poi mi riporta allo Star Wars, finisce il suo Godfather e mi saluta.
Io rimango solo al banco, nonostante sia una serata topica.
Mi raggiunge il mio nuovo collega che candidamente chiede cos'è questa puzza di uovo marcio.
- Sono io. Dico.
- Ma fra poco passerà.
Poi mi assale un senso di tristezza: credevo che l'inferno fosse in terra e che qualsiasi cosa venisse dopo fosse meglio. Invece realizzo che al peggio non c'è limite.
E per di più puzzo!

lunedì 15 marzo 2010

Vita da Bar ep. 21 That's all love!

Lo Star Wars Bar è un luogo di perdizione. Droga, sesso, musica per sordi e stolti.
Sto cercando di capire cosa vuole da bere Maginbù mentre le Antichrist cantano il loro Organ Core dal palco principale. Maginbù è un tipo alto, grassotello e con le mani piccole e cicciotte. Uguale al Maginbù di Dragon Ball. Mi vien voglia di fargli il ciuffo al centro della testa.
Appena capisco che vuole un semplice Gin Tonic vedo entrare la Polizia Ecclesiastica.
A capo della formazione c'è un graduato armato; dal cinturone gli pendono delle manette a rosario e sopra una comoda divisa porta il colletto bianco e nero dell'abito talare. Lo seguono tre pretiziotti e due chiericheti con gli incensieri. Benedicono tutto e tutti, quasi avessero paura di un contagio.
Il graduato mi chiede del titolare schizzandomi dell'acquasanta sulla faccia.
-Brucio, brucio! mi vien da gridare. Ma non credo che i pretiziotti siano dotati di senso dell'umorismo.
-Il Talebano è la. Indico il parterre dove un undicesimo dei miei titolari sta intortando una ragazzina appena sopra la soglia della legalità.
Sbuffando incenso e spruzzando acquasanta la formazione santa completa il giro dello Star Wars.
Maginbù reclama il suo Gin Tonic. Lo guardo, gli faccio il ciuffo al centro della testa e esco a godermi la disputa fra l'autorità clericale e un undicesimo dei miei titolari.
-Mancano le croci sante benedette in tutte le sale. Nei bagni non ci sono acquasantiere. E ho contato un numero di infedeli superiore alla soglia prevista dalla legge. Inoltre solo quattro dipendenti portano la croce al collo. Snocciola il graduato al Talebano.
Cazzate, penso rientrando dietro il banco.
Cazzate, penso nel momento in cui percepisco come una Unimente Eterna tutto quello che accade intorno: tre ragazzine si baciano e si toccano all'interno della Cella di Magneto, orgogliose di farsi guardare da tutti i maschi alfa che li circondano. Altre due schiacciano il loro seno nudo contro il vetro principale, leccandolo e muovendosi sinuosamente di fronte alla zona cassa. I loro accompagnatori hanno già in mente chissà cosa quando vengono allontanati malamente dalle stesse.
Le ragazze si azzuffano con i loro ora ex accompagnatori e potrebbe accadere il peggio se non fosse che sono molti di piú quelli che vogliono godere dello spettacolo. I due si ritirano.
Sulla piattaforma galleggiante Regina Tequila sta facendo un falò. Non so se per onorare il patrono o per ricordare le sue origini cattoispaniche.
Ed è allora che la percezione si acuisce: non sta onorando nè uno nè l'altro. Ricorda le sue sorelle streghe morte nei secoli bruciate dalla polizia ecclesiastica. La presenza dei pretiziotti deve aver risvegliato qualcosa in lei. Vedo la sua forma terrena in trance davanti al fuoco, vedo il fuoco prendere vita e raggiungere il Talebano.
E' un fuoco che non brucia ma ti trasforma dentro.
E anche fuori.
Gli occhi del Talebano bruciano e in un secondo è sul graduato. Ha aperto delle enormi fauci e lo sta mangiando. I pretiziotti non hanno il tempo di intervenire: degli enormi tentacoli, di cui ora il Talebano è munito, li hanno intrappolati e gli stanno facendo fare la morte del polipo sugli scogli. I due chiericheti sono immobilizzati dal terrore. Ed è Regina Tequila stessa che li prende e li finisce fissandoli con uno sguardo d'odio che li pietrifica come Medusa faceva con i suoi nemici.
Il fondo del porto sarà la loro tomba.
L'ultima cosa che percepisco è una risata.
Poi mi risveglio da una sorta di trance. Nel parterre c'è uno spaesato Talebano. Sul palco macchie di sangue.
Il Talebano entra con uno sguardo vitreo e pulendosi la bocca sillaba di dargli un digestivo.
- Ho mangiato qualcosa di pesante. Qualcosa di indigesto. Dice.
- Anche se non so cosa...

venerdì 12 marzo 2010

Vita da Bar ep. 20 A volte ritornano


L’immagine che mi si imprime nella mente è Fico Barbozo e Mr Panda che si baciano appassionatamente.
Facciamo due passi indietro: è venerdì e mi arriva al banco un travestito nel momento preciso in cui verso il solito Jack & Cola a Mr Panda.
Mr Panda non può fare a meno di notarlo, se lo studia, per vedere se è un calamaro casuale o qualcuno della mafia gay. Come da accordi si sono divisi il mercoledì e il venerdì. Oggi tocca agli albanesi.
Il travestito si gira e gli rivolge un cordiale “cazzo c’hai da guardare?”.
A Mr Panda non interessa più se è un calamaro protetto o disperso, gli si avvicina a muso duro dicendogli di togliersi dai coglioni. In tempo zero i suoi scagnozzi sono già intorno all’area interessata.
Il travestito sorride al Panda, abbassa gli occhi, come in segno di sottomissione, poi lo attacca al muro, muovendosi agile pur con i tacchi a spillo.
Fulmineo gli poggia la faccia sulla guancia, gli sussurra qualcosa nell’orecchio e il Panda con un gesto della mano ferma gli scagnozzi che stavano intervenendo.
Il travestito continua a parlargli nell’orecchio.
Vedo il Panda trasalire di paura e frustrazione, il travestito sorridere e lasciarlo.
A quel punto si gira verso di me e ordina un oriente rosso.
Ed è a quel punto che riconosco Barbozo.
Fico Barbozo viene spesso a trovarmi.
E’ come Lupin o un agente di Mission Impossible o James Bond: non lo riconosco mai prima che mi ordini da bere.
Biondo, moro, di varie carnagioni. Una volta addirittura mi è sembrato più basso.
Questa volta è travestito da uomo che si traveste da donna.
Quando Mr Panda fa per andarsene Fico gli suggerisce di aver dimenticato qualcosa.
-Cosa? Chiede Panda.
Fico si protende verso di lui indicando le proprie labbra con l’indice.
-Non dirai sul serio? Chiede il mafioso sgranando gli occhi.
-Si, si. Dai non fare il timido.
Ed è così che vedo Mr Panda e Fico Barbozo darsi un bacio appassionato sulla bocca.
Soddisfatto di sé Fico ora si gode il suo drink.
Io non riesco a trattenermi e gli chiedo cosa abbia detto al Panda per renderlo così mansueto.
-Ho minacciato di morte sua madre.
Non credo che questo basti, penso fra me.
Fico Barbozo me lo legge in faccia e aggiunge: chiamandola per nome e cognome.
Forse questo può essere già più efficace. Penso.
-Poi gli ho sgranato in ordine: provincia, città e paesino in cui vive. Insomma l’ho convinto che potevo farlo veramente.
E mi viene il sospetto che non fosse una mera dimostrazione di forza.
Ho una sensazione di disagio, ma non per quello che mi ha detto. Mi guardo attorno e vedo il Boss che, da fuori, ci guarda attraverso lo spesso vetro.
Ha uno sguardo cupo.
Sono sicuro che abbia riconosciuto il fratello.
Fico Barbozo alza il bicchiere e lo indirizza al fratello come per un brindisi non contraccambiato.
-Ora devo andare. Mi dice. Si è rabbuiato anche lui.
Una volta che Barbozo è uscito mi giro per vedere se il Boss è ancora fuori a guardarmi.
Non lo vedo più, ma in compenso lo sento alle mie spalle: “Ti posso parlare?”
-Sei tu il Boss, rispondo.
-Vieni fuori, ti faccio sostituire.
“La storia ha una sua cronologia. I personaggi storici sono legati tra loro e non si possono leggere in maniera decontestualizzata.
Non puoi prendere un qualsiasi personaggio del passato, sia esso Cesare o Napoleone, per citarne due a caso, senza averne una fotografia sfocata. Per quanto precisa potrà essere la ricostruzione storica, mancherà sempre l’umore della gente, del popolo, della minoranza e anche della maggioranza, dei sostenitori e degli oppositori, a completarne i contorni, a renderli definiti.
I personaggi contemporanei ci sono troppo vicino affinché si possano vedere nella loro completezza e senza distorsioni partigiane, per quanto sia giusto averle.
Gli unici personaggi a cui possiamo fare riferimento con una certa nitidezza sono quelli che abbiamo vissuto ma che non ci sono già più e non basta: la loro scomparsa deve essere avvenuta da un periodo di tempo necessario ad averli metabolizzati.
E’ troppo presto, ad esempio, per parlare dell’ultimo Papa.
Ed è troppo tardi per parlare del primo Duce.
Poi ci sono alcune persone, alcuni eletti, che riescono a vedere lontano. Sono come degli osservatori.
Loro hanno il privilegio di poter vedere chi farà cosa. Anzi possono decidere chi farà cosa. Sono i Massoni.
Ma questo è un altro discorso.
Ora dimmi: sei sicuro di quello che hai visto, sei sicuro che i fatti siano andati esattamente come te li hanno fatto credere?
Ovvero: sai con certezza che c’era lui su quell’imbarcazione?”
-Adesso cosa vuoi, prenderti il merito oltre i soldi? Rispondo alla filippica del Boss.
-Io so cosa è successo. E non voglio che tu sia ingannato e reclutato a fare il contrario di quello che stai credendo di fare. Mi risponde deciso Big Boss.
-L’esplosione della barca era programmata. Secondo te un’organizzazione interplanetaria si fa bruciare una nave senza intervenire? Ma dai, rifletti! Fico Barbozo arriva, ruba un’imbarcazione, la fa esplodere in mezzo al mare, libera trenta prigionieri politici e nessuno muove un dito. Se c’è un’organizzazione e una contro-organizzazione dovrebbe esserci una guerra in atto, adesso. Il contrario cosa ti suggerisce?
Che c’è solo un’organizzazione. Penso fra me e me.
-Ma tu come fai a sapere quello che mi ha detto Barbozo? Mi illumino di una speranza, la speranza di non essere un sostituibilissimo ingranaggio della macchina degli inganni, ormai logoro e sfruttato da tutte le parti in gioco.
“L’Interstar Pol ci spia. Fico barbozo ci spia. Tu ci spii. Io mi tengo aggiornato.” Questa è la criptica risposta del Boss.
“Ovvero?” Insisto.
“l’Interstar, nella persona di Fico Barbozo, ci guarda attraverso gli occhi elettronici. Lo fai anche tu, ora che hai scoperto come fare. Perché non dovrei farlo anche io?”
“Perchè dovresti?”
“Perché sono io la contro-organizzazzione.”.
Dopo qualche ora in cui mi sono stati tolti vari strati di Velo di Maya o solo cambiati, ricombinati, ristratificati, rimango solo con i miei dubbi.
Quello che mi ha raccontato il Boss è agghiacciante, da qualunque parte si cerchi di vederla.
Quegli uomini sarebbero dovuti morire nell’esplosione del traghetto e il colpevole sarebbe stato Fico Barbozo.
Il Boss è riuscito a far sostituire le persone che dovevano essere catturate con dei pessimi soggetti da far reclutare nel ramo fuori legge dell’Interstar comandata da suo fratello. Dandogli anche la quasi totalità della somma percepita dall’ente dell’unione dei mondi.
Purtroppo non mi è dato sapere che fine hanno fatto i rifugiati politici, né se ora sono al sicuro.
E non ho modo di verificare quel che Big Boss mi ha raccontato.
Non mi rimane che dare la fiducia solo ai miei compagni di sventura e continuare le indagini.
Sapendo di lavorare con un occhio di bue puntato addosso.
Sbuffo un pò deluso: Fico Barbozo era riuscito a rendersi simpatico.
Il Boss, invece, deve lavorare ancora molto, per raggiungere il livello del fratello.

martedì 9 marzo 2010

Vita da Bar ep. 19 Essere ed apparire


Mr Panda e la Mafia Gay sono giunti ad un compromesso, dopo che gli albanesi hanno fatto un raid.
Adesso a metà settimana abbiamo ospiti i calamari protetti, al venerdì la mafia albanese.
Al sabato l'entrata è libera.
Da tutto questo Giubeca, l'eroe della resistenza contro l'impero, guadagna la doppia mazzetta. Non solo, si è anche permesso di lasciare a casa Lex, sostituito dall'ultimo modello di Ferrotre: Ferroquattro.
Perché si sa, dove c'è malavita organizzata raramente si attira l'attenzione degli sbirri.
Stasera ci sono i calamari protetti, sul palco canta Britney, sempre di tre quarti e ho la solita rossa al banco che viene a trovarmi qualunque mafia ci sia.
Ogni volta mi fa il giochetto della vodka lemon, vodka redbull, che consiste nel chiedertene una delle due e dirti che t'aveva chiesto l'altra.
Non solo, flirta una volta sì e una volta no, e io sbaglio sempre il tempo.
Questo, dieci volte in una serata.
Britney ha appena finito il concerto e Moicòl l'accompagna a Ground Zero a posare gli strumenti.
Nel frattempo la rossa mi chiede la solita vodka redbull lemon.
La costante è: flirta con me quando è lemon, mi snobba quando è redbull.
Io sono un pò imbarazzato, le faccio vedere la lattina del succo di palle di toro, lei mi sorride e mi dice no.
-Lemon, non l'hai ancora capito? Aggiunge.
-Veramente no. Rispondo.
-Bisogna spiegarti proprio tutto. Mi guarda languida, mentre me lo dice.
La lemon finisce con uno spruzzo sulla mia camicia.
Cerco Moicòl con lo sguardo, ma non lo vedo.
-Vado a cambiare il fusto. Dico alla rossa.
-Ti aspetto. Risponde.
Scendo le scale di corsa, sto per entrare in magazzino, quando una voce conosciuta mi chiede una sigaretta.
E' la rossa.
Ma non dovevi aspettarmi su è il primo pensiero che mi attraversa la mente.
Bisogna spiegarti proprio tutto è il secondo.
Le sorrido marpione e mi avvicino sicuro e rapido a un millimetro dalla sua bocca.
Mi ritrovo una mano in faccia e un'altra fra le gambe che mi stringe i coglioni.
-Che cazzo fai, che cazzo vuoi? Grida fra i denti minacciosa.
-Allora? Che cazzo vuoi da me? Ripete.
Sarà meglio darle una risposta, una qualsiasi.
-Scusa. Ho capito male. Scusa.
Mi molla le palle, ma tiene sempre l'altra mano sulla faccia.
Mi guarda ancora un pò, poi mi spinge via con disprezzo.
-Vaffanculo, stronzo.
Ho a che fare con una psicopatica.
Rimango qualche minuto davanti alla porta del magazzino a pormi domande sui sistemi di comunicazione non verbali, interrogandomi su quale minchione ho preso per lampione, quando dei rumori sospetti attirano la mia attenzione.
Apro la porta e la scena che mi si para davanti batte tutte quelle che ho visto a ground zero.
Mi fa dimenticare anche quello che mi è appena accaduto.
Ci sono Britney e Moicòl.
I particolari mi dicono che Moicòl se la sia schiacciata.
Infatti, lui ha la camicia fuori dai pantaloni e per terra ci sono le mutandine di Britney, che indossa una gonna tattica.
Ma poi deve essere successo qualcosa.
Moicòl crista colpendo Britney con un oggetto non identificato.
Lei è ammutolita in un angolo con le lacrime agli occhi che para i colpi con un braccio.
E' messa di tre quarti, come quando canta.
Nonostante tutto la situazione non mi sembra critica.
Strana, piuttosto.
Moicòl non sembra farle del male fisicamente, è come se la stesse colpendo con una clava di plastica per bambini.
Anzi no, con un braccio di una bambola.
Cazzo. La sta colpendo con un braccio.
E non il proprio, ma quello di lei.
La sta colpendo con la sua protesi.
-Ma cazzo, sono cose che si dicono, cazzo! Dice Moicòl.
-E cosa ti dico? Non te ne sei accorto, cazzone? Risponde lei fra le lacrime.
Fermo Moicòl strappandogli via il braccio di mano.
-C'è da cambiare il fusto di lemon. Uso un tono asettico. Funziona, quando devi far sentire qualcuno in colpa. Insieme allo sguardo non proprio asettico.
La situazione è imbarazzante.
Raccolgo le mutande di Britney per fare un gesto carino.
Così ora ho in mano la sua protesi e la sua biancheria.
Sono indeciso su cosa passarle prima quando dalla porta del magazzino fa capolino una testa rossa.
Britney fa un passo indietro rimanendo così nascosta alla vista della pazza.
Sto ancora aspettando la mia vodka lemon. Dice sorridendo.
Moicòl esce.
Per la rossa rimango io con in mano un braccio di gomma e delle mutandine.
Quando realizza la situazione rimane con il sorriso stampato sulle labbra e da gran signora mi dice: vorrà dire che me lo farò fare dal tuo collega, visto che ora sei impegnato con una bambola di plastica.
Scrollo le spalle pensando che non è altro che una psicopatica.
Britney mi ringrazia imbarazzata prendendo le sue cose.
Vorrei consolarla in qualche maniera, ma non saprei proprio da dove cominciare.
Perciò lascio perdere e ritorno al lavoro.
Al banco ho la rossa che mi aspetta.
-Vodka redbull. Omaggio, grazie. Dice.
Sto preparando il drink.
-Vodka lemon. Omaggio gradito. Sento dire.
Ecchecazzo, penso.
Alzo lo sguardo per vedere se ha anche cambiato aspetto, come Dottor Jeckyll e Mr. Hide.
E invece si è solo raddoppiata.
Come agli occhi di un ubriaco.
Per la prima volta sono al banco, insieme, le gemelle rosse.
Le guardo stupito, mi accorgo che sono pure vestite in maniera diversa.
L'unica cosa che mi resta da fare, oltre ad offrire i due drink, è colpire ripetutamente il banco con la testa e usare una tipica esclamazione di dissenso per la propria demenza.
D'oh! D'oh! D'oh!