In questi racconti viene usato spesso un linguaggio esplicito e volgare per una mia precisa scelta. Mi sembra corretto avvisare i potenziali lettori in modo che possano scegliere se continuare con la lettura o meno.





mercoledì 12 maggio 2010

Vita da Bar ep. 28 Claustrofobia (Close to me)

E' buio.
Un buio tremendo.
Nemmeno uno spiraglio di luce, un puntino luminoso perso nell'universo, nulla. Solo un buio tremendo.
Cerco di muovermi a tastoni e mi rendo conto che lo spazio intorno a me è limitato.
In qualsiasi direzione cerchi di muovere le braccia ho solo qualche centimetro a disposizione.
Ho un leggero senso di nausea, come se stessi fluttuando.
Cerco di ricordare dove sono.
Troppa confusione nella mia testa.
Troppo silenzio.
Abituato ai decibel dello Star Wars Bar questo silenzio mi assorda.
E' come se avessi una benda sugli occhi, dei tappi di cera nelle orecchie, gli arti legati e mi avessero sparato nello spazio.
Cerco di ricordare se è questo che è accaduto.
No.
Cerco il ricordo più recente, ma sono solo informazioni di base.
Il mio nome, lo Star Wars, il casino del venerdì sera.
Venerdì sera. E' già qualcosa.
C'è troppo buio, troppo silenzio.
Sobbalzo. Qualcosa di freddo mi toglie il respiro, qualcosa di freddo che dalla spalla scivola lungo il braccio destro.
Spunta un dolore alla nuca.
Mi fa quasi piacere. Mi fa sentire vivo. Allevia la mia ansia.
La musica alta, le luci stroboscopiche. Io fuori dal bar.
Qualche altro frammento in questa bara fluttuante nello spazio.
Dove sono? Sillabo nella mia mente.
Sto riprendendo coscienza. Di nuovo quella sensazione fredda, questa volta giù per la schiena.
Muovo di nuovo le braccia.
Misuro lo spazio.
Sono poggiato con la schiena su qualcosa di duro. Ai lati e davanti a me altri impedimenti.
Sono in un contenitore rettangolare.
Non sono mai stato in una bara, ma questa da tutta la sensazione di esserla.
Credo di essere sepolto vivo.
Vado nel panico. Agito le braccia, scalcio.
Sento che la mia bara sta cambiando direzione. Come se stessi cadendo lentamente da un altezza infinita. Adesso sono poggiato con la faccia sul coperchio. Poi mi ritrovo a testa in giù.
Finalmente, lentamente, si ferma in posizione orizzontale.
Sento delle vibrazioni ovattate.
La nuca mi fa male.
La musica alta, le luci stroboscopiche, io fuori dal bar che parlo con Vinni. Mi lamento di Maga, del suo approccio poco professionale al lavoro.
Le vibrazioni che sento sono familiari ma non riesco a collocarle.
Poi uno scricchiolio mi lacera il timpano destro.
D'istinto cerco di portare la mano all'orecchio ma il braccio sbatte contro la bara.
Ma come ci sono finito in una bara?
La musica alta, le luci stroboscopiche, io fuori dal bar che parlo con Vinni. Mi lamento di Maga, del suo approccio poco professionale al lavoro. Vinni mi chiede se sto facendo rapporto. Io gli domando se siamo militari o baristi. Non sto facendo rapporto, mi lamento con un amico.
Improvvisamente riconosco le vibrazioni che mi sono così familiari: è “Hey Boy, hey girl” dei Chemical Bros. Un brano che il Dott. Zeta mette sempre.
Deduco di essere vicino allo Star Wars.
Di nuovo qualcosa di freddo, questa volta sulla faccia.
Ancora quello scricchiolio.
Gli scricchiolii, tutto ovattato, buio, la musica come vibrazione: come quando stai immerso in una vasca.
Ho capito dove sono.
Non so ancora cosa mi contiene ma ho capito dove sono.
Non so come ci sono finito ma ho capito dove sono.
Cazzo, cazzo, cazzo. Devo uscire da qua. Di nuovo nel panico. Lo scricchiolio alla mia destra, forse posso sfruttare quello.
Inizio a colpire col gomito la parete destra. Colpisco anche con la testa.
La testa. Mi fa male.
La musica alta, le luci stroboscopiche, io fuori dal bar che parlo con Vinni. Mi lamento di Maga, del suo approccio poco professionale al lavoro. Vinni mi chiede se sto facendo rapporto. Io gli domando se siamo militari o baristi. Non sto facendo rapporto, mi lamento con un amico. Poi scendo a ground zero per prendere due bottiglie di vodka in magazzino. Incontro Maga che mi insulta.
“Ti ho sentito, stronzo.”
Sfondo la paratia laterale, finalmente. Vengo investito da un ondata gelida. Il contenitore si apre come una scatola di sardine a causa della pressione marina e io mi spingo verso l'alto non senza dare un occhiata alla mia bara.
Mi sembra di non arrivare mai. Di non raggiungere mai la superficie.
La musica alta, le luci stroboscopiche, io fuori dal bar che parlo con Vinni. Mi lamento di Maga, del suo approccio poco professionale al lavoro. Vinni mi chiede se sto facendo rapporto. Io gli domando se siamo militari o baristi. Non sto facendo rapporto, mi lamento con un amico. Poi scendo a ground zero per prendere due bottiglie di vodka in magazzino. Incontro Maga che mi si para davanti.
“Ti ho sentito parlare con Vinni, stronzo.”
“Se lavori così meriti un rapporto al tenente che non ti ho fatto.” Rispondo, parafrasando le parole di Vinni.
La supero, lasciandola alle mie spalle.
Sento un dolore alla nuca. Poi il buio.
Finalmente riemergo e mi ossigeno.
Mi deve aver colpito alla testa e poi messo dentro un vecchio mobile di legno per le stoviglie che avevamo in magazzino che in qualche modo è riuscita a buttare in mare.
“Out of control”, sempre dei Chemical Bros. sta finendo quando mi aggrappo alla scaletta di salvataggio della chiatta. Risalendo sento Vinni che chiede a qualcuno dove sono finito.
Vorrei rispondere ma sono senza fiato.
E poi non lo sta chiedendo a me.
“In fondo al mare.” Risponde Maga.
“Così mi piaci!” Replica Vinni.
Quando riesco a guadagnare il bordo esterno della chiatta vedo la mano di Vinni che si infila sotto la gonna di Maga.
“Così mi piaci.” Ripete prima di baciarla.
Rimango scolo a guardali, sono proprio dietro di loro.
Poi scavalco la ringhiera di sicurezza e finalmente i due si accorgono di me.
Mi guardano increduli.
“Vado a farti rapporto.” Dico a Maga, pacato.
Poi do un buffetto bagnato sulla guancia di Vinni e aggiungo: “ma lo faccio a sua moglie.”
E mi allontano come il mostro della laguna, tutto bagnato e con qualche alga che mi pende dalle spalle.

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