In questi racconti viene usato spesso un linguaggio esplicito e volgare per una mia precisa scelta. Mi sembra corretto avvisare i potenziali lettori in modo che possano scegliere se continuare con la lettura o meno.





domenica 13 giugno 2010

Vita da Bar ep. 31 Pirati!


La sicurezza stasera fa i cento metri ad ostacoli ogni cinque minuti: non li ho mai visti correre tanto.
Sarà il vento caldo del deserto che scombina quei pochi neuroni ubriachi della clientela scienziata, sarà la musica nervosa e sincopata della Guest Star che sta in consolle, fatto sta che ogni cinque minuti c'è una rissa da sedare.
Anche noi dietro il banco siamo nervosi, a parte Peter che si sta procacciando la sua dose di sesso quotidiano.
Oggi porta un baffetto stupido, Peter, ma a quanto pare il suo fascino biondo non ne risente.
Durante le mie sessioni di logorrea post lavorativa, dopo la terza birra, ho sempre sostenuto che le donne bionde ragionano più lentamente delle more ma agiscono più velocemente. Peterpenis è l'esempio che questo vale anche per gli uomini.
Una giovane ragazza mostra il capezzolo turgido coperto dalla camicetta attillata e Peter le ha già offerto il long drink. Poi con la sua misteriosa tecnica l'ha convinta a seguirlo a Ground Zero.
Duca fa la solita scenata di gelosia, inveendo contro Peter e augurandogli di prendere almeno la gonorrea.
Poi la nebbia.
Una nebbia fitta e improvvisa circonda lo Star Wars. Abbiamo perso di vista il cirinquito, vediamo giusto la gente che è all'interno del locale e questa inquietante massa bianca che cerca di penetrare da qualsiasi fessura, un po' come Peter.
Mi metto in contatto con la sicurezza via radio i quali mi confermano che anche loro non vedono un cazzo a un metro da loro. Giubeca, ridendo, dice che se allunga il braccio non vede la mano.
Poi lo sento urlare: “La mia mano! La mia mano!”
Ferrotre urla qualcosa di incomprensibile così come Predator.
Mi spavento e cerco di rimettermi in contatto con loro.
Silenzio.
Raggruppo intorno a me la squadra mista che comando e gli dico di armarsi con bottiglie e cavatappi. Ho come l'impressione che stia per accadere qualcosa di insolito quando vedo un antico veliero squarciare la nebbia.
Ci sfila davanti mostrandoci tutte le bocche da fuoco degli antichi cannoni.
Poi antichi pirati armati di sciabole e moschetti arrembano lo Star Wars Bar.
Il dance floor si è svuotato, nel mentre.
Nel panico ordino alla mia truppa di lanciare bottiglie di alcolici verso l'ingresso ovest, dove abbiamo visto passare la nave pirata.
Dico loro di lanciare l'intera scorta di rum, nel frattempo io preparo una molotov con una bottiglia di vodka. Quando sono pronto porto la mia truppa verso l'uscita est e lancio maldestramente la mia molotov improvvisata.
L'aspettativa era quella di una esplosione importante con fiamme alte almeno fino al soffitto.
In realtà si sente solo il rumore della bottiglia che si rompe, le fiamme sono alte qualche centimetro, vacue e deboli. Sembrano un fuoco fatuo.
Oltre che brevi.
Ma tanto basta a far desistere uno degli antichi pirati ad entrare anche se non rinuncia a spararci con il suo schioppo. Fortuna vuole che la mira è scarsa e l'antico fucile deve essere ricaricato ad ogni singolo colpo.
Abbiamo così il tempo di arrivare fino al molo est. La nebbia nel frattempo si è diradata e cominciamo a rivedere il cirinquito dove la gente continua a bere e ballare come se nulla fosse. Vedo anche il pirata che ci ha sparato poc'anzi andare calmo verso il bar e prendere una birra.
Qualcosa non mi quadra, non torna.
In mezzo alla solita clientela ci sono un sacco di antichi pirati che bevono e ballano in perfetta armonia coi tempi nostri, così simili ai loro, vero, ma tecnologicamente diversi. Dovrebbero quanto meno essere perplessi dalla musica che arriva da scatole chiuse e dal rum in bottiglia invece che in botti servito con coca cola invece che bevuto come torci-budella.
Invece il perplesso sono io.
E lo sono ancora di più quando Giubeca mi fa sobbalzare arrivandomi alle spalle con tutte e due le mani integre.
Ride.
Ci sei cascato, mi dice.
“Ci sono cascato in cosa?” Chiedo.
“Allo scherzo della mano.” E ride.
Ok. Giubeca e la sicurezza mi hanno minchionato con lo scherzo dell'incidente. Ma sti cazzo di pirati da dove vengono?
La nebbia che ha avvolto il bar cosa è stata?
Aziono il traduttore intergalattico per capire cosa sta dicendo Predator e scopro che stasera sarebbe attraccato con tanto di effetti speciali e figuranti acrobati il veliero di Jack Sparrow, quello usato nel film “I Pirati dei Caraibi” per una mostra permanente.
Il pirata figurante ci ha sparato a salve, chiaramente.
Torno dentro mortificato con la mia truppa mista, ferito nell'orgoglio.
E a peggiorare le cose incrocio Peter che torna da Ground Zero soddisfatto della prestazione sessuale (offerta o ricevuta) che mi chiede cosa è successo.
Nebbia, pirati, scherzo, panico, gli riassumo.
Mi porge uno dei tanti plastificati posati sul banco che pubblicizzavano l'evento e mi dice: “Non lo sapevi?”
No. Non lo sapevo. Ed è tutta la sera che uso quei plastificati come sottobicchieri.
La mia truppa mista si dice ignorante dell'evento e io rimango mortificato.
In segno di prostrazione vado a pulire la dove ho fatto buttare un'intera scorta di rum, lasciando il barback al banco.
Non riesco a trattenere un porcatroiaporca quando lo vedo fotografarsi con Johnny Jack Sparrow Depp a cui ha servito un banalissimo rum e cola che io avrei fatto meglio.
Quando Johnny Jack Sparrow Depp mi passa accanto per uscire mi lancia un occhiata di commiserazione e in un italiano improbabile mi dice, battendomi sulla spalla: “Peggiora sempre prima di migliorare.”
Io poggio un braccio sul fianco, impugnando la scopa come fosse una bandiera piantata per terra e dal cuore mi esce un “Ma Vaffanculo, Jack!”
“Hai visto?” Mi risponde lui. “Non sta già migliorando?”

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