In questi racconti viene usato spesso un linguaggio esplicito e volgare per una mia precisa scelta. Mi sembra corretto avvisare i potenziali lettori in modo che possano scegliere se continuare con la lettura o meno.





domenica 7 febbraio 2010

Vita da Bar. ep. 9 Cambio turno.


Moicòl ha una settimana di infortunio, Peterpenis tre giorni di ferie e io una settimana di turno giornaliero.
Caffè, tea, acqua. Camicia bianca e cravatta.
Vedo Polette, la Regina dei Calamari, ridere soddisfatta a qualche battuta di uno dei tanti froci di cui si circonda.
Polette Calamaro è la responsabile del turno di giorno e per lavorare con lei devi essere o una donna brutta, o un frocio, o un ragazzino efebo dalla sessualità ancora incerta.
Meglio se vergine.
Personalmente l'ho vista flirtare, ubriaca, con un amico quindicenne di suo figlio.
La mia dovrebbe essere una settimana punitiva e di riflessione, dopo il disastro del fusto di pandora, come lo chiamo io.
Punizione comminatami da Big Boss e Roi Boshe, l'altro socio di maggioranza, dopo un’attenta disamina dei fatti.
Passare dalle forme di vita primordiali della notte ai calamari del giorno in fondo è quasi un premio, ma ho lasciato intendere il contrario.
Polette Calamaro è ancora lì che se la ride, succhiando avida un negroni con Tanqueray e Guttalax, quando macchio i tre caffè freddo caldo e dec con il mio personalissimo ingrediente segreto. Sunrise, in gergo.
Sputare nelle tazze col labbro tumefatto mi fa sentire molto Tyler Durden, anche se qua non sono in una cantina da fight club e devo prestare molta attenzione perché l'intero bar è a vista.
Il collega del bar galleggiante, Driu, calamaro dichiarato, riempie la piattaforma di altri calamari che lo vengono a trovare. Calamaro conosce altro calamaro, la voce si sparge e in un attimo il bar di guerre stellari diventa il bar dei calamari giganti.
La cosa mi diverte anche un po'. Tutte queste checche in tiro per l'aperitivo rendono l'ambiente allegro e frizzante.
Quasi più sano.
Infatti, non ho paura a scendere a ground zero, dove ultimamente ho visto le peggio cose. Mi fa più paura il vecchio calamaro al banco che non mi molla un attimo: nell'ultimo campari shakerato gli ho messo ben trentotto gocce di lassativo e un vecchio frocio non dovrebbe avere una così buona tenuta degli sfinteri!
Eppure non molla, rimane lì attorno a rompermi i coglioni.
Se non fosse per lui la giornata filerebbe via quasi noiosa.
Quando accade qualcosa che mi fa riflettere sull'esistenza del Karma.
Si avvicina un cazzo di nord venusiano al banco. Attira la mia attenzione con un gesto e un monosillabo: hei.
Io mi avvicino, già scoglionato per come mi si è rivolto.
Dimmi, gli dico.
Dammi l'incasso. Dice.
Uh? Perché mai dovrei... il nord venusiano posa una pistola sul banco.
Buon motivo, penso.
Guardo fuori: Polette Calamaro è ancora al centro delle attenzioni dei suoi amici gay, Driu shakera energico qualche delizia per i suoi amici e clienti, nel parterre dietro il bar c'è il deserto.
Sbrigati, cazzone. Mi apostrofa il nord venusiano.
Nessuno mi può aiutare, perciò decido di non fare l'eroe e prendo l'incasso, quando il vecchio frocio torna al banco per importunarmi ancora. Fa per dirmi qualcosa, ma nota la pistola e me con una malloppazza di banconote in mano.
Capisce.
Rimane paralizzato dalla paura.
E le mie trentotto gocce di lassativo fanno effetto: il vecchio si caga addosso.
Il nord venusiano lo guarda schifato, mentre prende i soldi e gli dice di lavarsi che puzza di merda. Ti sparerei, se fosse vera. Aggiunge andandosene. E dal tono con cui l'ha detto gli credo.
In un attimo è scomparso. Il vecchio si allontana camminando come se fosse in un sacco.
Incrocia Polette Calamaro, brilla, che sta entrando e che agitando la mano sotto il naso mi dice ridacchiando e in playback: come puzza.
Io non so se mi sto tenendo alla macchina del caffè o se sto tenendo la macchina del caffè.
Ma immagino che la mia prossima punizione sia pulire i cessi.

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